Intervista a Jacques-André Haury: «Tra medici e media si è instaurata una relazione simbiotica che fa lievitare i costi»
Berna/ , 17 Aprile 2024La cooperazione è uno dei valori fondamentali di curafutura. Spesso le soluzioni migliori nascono proprio dai partenariati. In una serie di interviste dedicate alla collaborazione diamo la parola agli attori del sistema sanitario.
Jacques-André Haury, medico e politico vodese, ascrive al progresso tecnologico la responsabilità dell’aumento dei costi sanitari e invita medici e media a essere più consapevoli dei costi che provocano direttamente e indirettamente.
Jacques-André Haury, medico in pensione, ci accoglie sulla terrazza della sua casa sopra Losanna dalla quale si gode una vista imprendibile sul Lago Lemano. Mentre lo ascoltiamo, ci attraversa il pensiero che è proprio questa vista dall’alto, questa lungimiranza, che oggi manca al sistema sanitario.
In questa prospettiva, Jacques-André Hauri attira la nostra attenzione su due attori che nel dibattito pubblico sull’aumento dei premi vengono sistematicamente dimenticati: le facoltà di medicina e i media.
Come valuta la qualità del nostro sistema sanitario?
Se devo essere sincero, il nostro sistema non funziona molto bene, ma alla fine beneficiamo comunque di cure di qualità. Un’inefficienza che possiamo ancora permetterci…
… e ogni anno paghiamo di più. Qual è, secondo lei, la causa principale di questi aumenti?
La spiegazione più ricorrente è l’invecchiamento della popolazione. Secondo me, è tempo di ammettere che questo non è il fattore determinante. La causa principale va ricercata nel progresso tecnico e tecnologico.
In che senso?
Sia per il paziente che per il fornitore, è sempre interessante poter offrire una prestazione supplementare per la quale il paziente non deve pagare di tasca propria.
Mi sta forse dicendo che è contrario al progresso?
No, per nulla. Il problema si pone quando il progresso tecnico va oltre i limiti dettati dall’economicità e dall’efficienza. È un punto fondamentale al quale prestiamo troppa poca attenzione: quanto costa una cura? Qual è il suo beneficio? Che il fornitore della prestazione o l’industria farmaceutica non si pongano questa domanda è comprensibile, ma perché non lo fanno i medici o le università?
Come se lo spiega?
Se, da un lato, durante i congressi medici non si parla mai di soldi, dall’altro i medici non partecipano praticamente mai alle tavole rotonde e ai seminari durante i quali si parla di costi della salute. La loro voce manca. Forse sarebbe più corretto dire: «I medici si sottraggono a questa discussione». Potrei anche spingermi oltre e affermare: «Parlare di soldi non si addice a un professore universitario». E così anche le facoltà di medicina ci mettono del loro per far aumentare i costi.
Ma se ne rendono conto?
Non penso. Che si possa fare altrimenti, lo dimostra l’odontoiatria. Durante i loro congressi, i medici dentisti parlano dei prezzi dei nuovi impianti e li confrontano con quelli dei vecchi impianti. Il prezzo ha, appunto, la sua importanza soprattutto in una relazione commerciale diretta tra cliente e fornitore.
Lei punta il dito anche contro i media, che ritiene correponsabili dell’aumento dei costi della salute. Perché?
Perché nemmeno loro si interrogano sulla questione dell’utilità. Tematizzano troppo poco i costi delle innovazioni tecniche. Dai media mi aspetto spirito critico.
Da un lato i medici, dall’altro i media. Due fattori di influsso distinti che si accumulano?
In realtà, il rapporto tra medici e media è simbiotico, almeno per quanto riguarda l’influsso sui costi sanitari. I media parlano spesso di nuovi medicamenti o nuove cure, di innovazione in campo medico e farmaceutico. Intervistano medici specialisti, professori o ricercatori che, ovviamente, si focalizzano sui vantaggi. Nel migliore dei casi menzionano qualche effetto collaterale, ma nessuno o quasi si interroga sull’utilità o sui costi. Qual è il beneficio rispetto ai trattamenti attuali? Probabilmente non saprebbero nemmeno rispondere.
Davvero?
Una volta ho fatto presente a un professore del CHUV che il medicamento che prescriveva era molto costoso rispetto ad altri. Mi ha risposto: «Ho smesso da tempo di interessarmi ai costi della sanità».
Cosa si bisognerebbe fare per ovviare a questo disinteresse?
I media dovrebbero sempre porre la domanda: quanto costa un determinato trattamento? 1000, 2000 oppure 4000 franchi? E se si tratta di un nuovo trattamento preventivo dovrebbero chiedere qual è l’NTT (number to treat): il trattamento previene un esito su 10, su 100 oppure su 1000? Generalmente i medici non sanno rispondere a queste due domande fondamentali. Del resto, nemmeno io lo sapevo quando esercitavo.
Manca la trasparenza o piuttosto l’interesse?
Forse manca la trasparenza. C’è poi la questione etica, secondo cui il prezzo è secondario e non deve prevalere sul bene del paziente. Ma è solo una scusa per non doversi occupare dei costi. Da tempo funziona così. Già quando ero un giovane medico, il primario aveva da ridire sulle visite non prescritte piuttosto che su quelle fatte per nulla.
Come si crea questo interesse?
Dal mio punto di vista, la formazione influenza il comportamento dei medici. Anche l’informatica ci può venire in aiuto, permettendo di visualizzare rapidamente i costi dei singoli provvedimenti: si clicca un’analisi del sangue semplice o completa per un costo di 60 o 80 franchi. Si aggiunge una risonanza magnetica e voilà: 1200 franchi in più. La via più semplice è, a mio avviso, anche la più efficace: mostrare le conseguenze finanziarie di ogni esame o trattamento prescritto.
Come vede il futuro del nostro sistema sanitario? Riusciremo a interrompere la spirale al rialzo?
Per restare realisti, direi che riusciremo forse a rallentarla. Penso che il finanziamento uniforme delle cure ambulatoriali e stazionarie (EFAS) sia un progetto importante, in grado di portare il giusto equilibrio tra gli interessi dei Cantoni e quelli degli assicurati. Spero che permetterà di promuovere un sistema sanitario valido, professionale e finanziariamente sostenibile. Inoltre, la tarifficazione a forfait elimina gli incentivi ad aggiungere cure e accertamenti costosi. Dobbiamo trovare il coraggio di rivedere le nostre abitudini.