La presa in carico dei pazienti è efficace, più economica e dà buoni risultati se tutte le parti interessate sono coinvolte. Si evitano doppioni e si riduce al minimo il carico amministrativo. I pazienti sono soddisfatti, i medici alleggeriti dalla burocrazia e i costi sanitari minori. Ora, prospettando un effetto di contenimento dei costi, la Confederazione vuole creare nuove reti di cure, complicando quello che prima era semplice. La proposta non convince.

Perché fare le cose semplici se possiamo complicarle? Cure integrate[1], reti di cure coordinate[2], modello del medico di famiglia[3], centro di salute[4]… Anche se sembrano simili, non sono la stessa cosa.

Sono lontani i tempi in cui c’era semplicemente IL medico di famiglia. Quello da cui si andava quando si era malati, quello che formulava la diagnosi, somministrava la cura e indirizzava allo specialista solo se necessario. Conosceva la famiglia, la cartella clinica, le particolarità e le infermità del paziente. Fungeva da interlocutore di fiducia, diagnosta , terapeuta, organizzatore e coordinatore. Un tempo funzionava così. Ora, invece, servono coordinatori debitamente formati e fornitori di cure integrate.

Le sfide da affrontare sono sempre più complesse: invecchiamento, multimorbilità, aumento dei premi di cassa malati, carenza di personale qualificato, crescita demografica, mobilità e stile di vita improntato alla salute e al benessere. Tutto questo complica le cose, fa aumentare i costi e fa crescere l’insoddisfazione nei medici, ma anche nei pazienti. Sono quindi necessarie persone di contatto che fungano da interfaccia, referenti dai quali transiti la fatturazione delle prestazioni e che considerino il paziente nella sua globalità.

Nulla di nuovo, cambia solo la confezione

Di per sé, il tema non è nuovo. Negli ultimi 30 anni, medici e altri professionisti della salute hanno unito le forze su base volontaria e hanno creato numerose reti che offrono un’assistenza sanitaria integrata. Hanno riconosciuto il valore di queste reti sia per i pazienti che per i medici.

Queste reti sono organizzate in modo diverso a seconda delle specificità regionali e demografiche. Il loro successo è da ascrivere a partenariati solidi, alle innovazioni e all’attenzione costante per i nuovi bisogni. Questo, a sua volta, riduce i costi. In altre parole, una storia di successo.

Novità controproducente

Nell’ambito del secondo pacchetto di misure di contenimento dei costi, il Consiglio federale propone di creare quelle che chiama «reti di cure coordinate», ossia strutture dirette da medici che raggruppano professionisti della salute di varie discipline. Anche se sembrano uguali alle reti che si sono sviluppate organicamente nel corso degli anni, non sono proprio la stessa cosa. Le nuove reti dovranno offrire un’assistenza medica «da un’unica fonte» che garantisca ai pazienti un’assistenza medica conforme ai loro bisogni. Saranno soggette ad autorizzazione, dovranno sottostare alla vigilanza della Confederazione e rispettare le prescrizioni statali. Inoltre, tutte le prestazioni saranno fatturate agli assicuratori attraverso un unico fornitore di prestazioni.  

Per curafutura, la misura prevista è incomprensibile: perché servono nuove reti se il settore si è già organizzato in questo senso da tempo? Il Consiglio federale si espone così all’accusa di voler danneggiare o addirittura smantellare le reti integrate funzionanti ed efficaci, frutto di un processo di sviluppo durato più di 20 anni. Si prevede inoltre che gli ostacoli burocratici genereranno un notevole carico amministrativo supplementare. Proprio il contrario di ciò che si vorrebbe. La proposta non contribuirà a contenere i costi. E non sorprende nemmeno che non siano disponibili dati o stime.

Allo stato attuale delle deliberazioni, il Consiglio nazionale è contrario alla proposta, mentre la Commissione della sicurezza sociale e della sanità del Consiglio degli Stati (CSSS-S) è favorevole, sebbene la proposta di creare nuovi reti sia stata oggetto di critiche da parte di fornitori di prestazioni ed esperti.

Ci si può allora chiedere da dove nasce questa volontà di creare nuove reti di cure. Forse bisognava assolutamente inserire nel secondo pacchetto una misura che sembrasse facilmente attuabile anche se non necessaria?

Con il finanziamento uniforme EFAS, abbiamo già in mano una buona carta per promuovere ulteriormente l’assistenza integrata. Grazie alla presa in carico integrata, qualitativamente migliore, potremo trasferire agli assicurati l’integralità dei risparmi conseguiti. Questo, a sua volta, farà aumentare la domanda di reti di cura e di prodotti assicurativi innovativi e stimolerà ulteriormente la concorrenza a livello di prezzi e di qualità nei modelli assicurativi che prevedono cure integrate.

Credo fermamente che la Confederazione debba rinunciare alla sua proposta. Sappiamo tutti quanto sia difficile rinunciare in politica. L’attività politica influenza le condizioni quadro, introduce novità e regolamenta ciò che già esiste. Rinunciare a una misura presentata come un nuovo provvedimento promettente per contenere i costi non rientra nel copione. Ma nel nostro caso la soluzione migliore è dar prova di coraggio e affidarsi a coloro che hanno la massima esperienza come generalisti e svolgono da decenni quell’attività di coordinamento tanto necessaria, animati dalla volontà di far bene il proprio lavoro e di portarlo avanti. È meglio astenersi da ulteriori regolamentazioni. In questo caso sono pericolose perché mettono a repentaglio lo sviluppo positivo rischiando un effetto controproducente. Stiamo attenti: a volte le buone intenzioni possono portare a pessimi risultati.

[1] Per cure integratesi intende la messa in rete interprofessionale per la presa in carico dei pazienti. In Svizzera, dagli anni 1990 sono state implementate varie iniziative in questo senso (v. anche la scheda di curafutura).

[2] Reti di cure coordinate: nell’ambito della conferenza Sanità2020 del 26 gennaio 2015 è stato lanciato il progetto «Cure coordinate» che prevede la creazione di reti per coordinare il trattamento e le cure di pazienti affetti da malattie croniche o multiple.

[3] Secondo questo modello alternativo all’assicurazione malattie «standard» l’assicurato deve dapprima rivolgersi al proprio medico di famiglia, che decide se indirizzarlo a uno specialista. Il ricorso al medico di famiglia come medico di primo ricorso permette di ridurre i premi visto che evita visite specialistiche non coordinate e spesso non necessarie.

[4] Il termine «centro di salute» indica una struttura di vario tipo che offre cure mediche e consulenza.

C’è chi continua a dire cosa va fatto ma concretamente non fa nulla, costruisce castelli in aria, imponenti cat- tedrali di inconsistenza. C’è invece chi si rimbocca le maniche e suddivide in tante piccole parti il progetto, disfa i castelli di parole e li trasforma in mattoncini.

 

Di cosa sto parlando? Del tariffario medico ambulatoriale. È da dieci anni che si parla di sostituire il TARMED. E da dieci anni è sempre lì, identico, come un pallone tenuto sott’acqua che riemerge non appena si lascia la presa. Di una cosa sono convinto: se il consigliere federale Alain Berset – in carica dal 2012 al 2023 – avesse colto l’opportunità di approvare il tariffario per singole prestazioni ambulatoriali TARDOC nel giugno 2022, oggi la situazione sarebbe molto diversa. Non solo avremmo un nuovo tariffario che garantisce la neutralità dei costi e permette risparmi per 600 milioni di franchi all’anno, ma avremmo anche già i primi forfait ambulatoriali. Vi sarebbe infatti stata una fortissima pressione per sostituire le tariffe per singole prestazioni con importi forfettari, laddove opportuno e non appena questi forfait fossero stati concordati e pronti per essere approvati. Invece marciamo sul posto e continuiamo a parlare di quanto sarebbe necessario un nuovo tariffario medico ambulatoriale.

La Svizzera ha introdotto il TARMED esattamente vent’anni fa. In base a questo tariffario vengono fatturate ogni anno prestazioni per un totale di 13 miliardi di franchi. Ci si può chiedere se non fosse inadeguato sin dall’inizio, visto che subito dopo la sua introduzione ha causato non pochi grattacapi e fatto versare al Controllo federale delle finanze fiumi d’inchiostro. 

Ognuno dei consiglieri federali responsabili della sanità che si sono succeduti ha dovuto in un modo o nell’altro confrontarsi con la questione del tariffario e della sua revisione. Spetta ora alla consigliera federale Elisabeth Baume-Schneider e all’attuale Consiglio federale scegliere il sistema tariffario che dovrà subentrare al TARMED. La situazione di partenza è molto diversa da quella dei loro predecessori, più «confortevole»: sul loro tavolo hanno già due domande di approvazione bell’e pronte, una per il TARDOC, l’altra per i forfait ambulatoriali.

La nuova ministra della sanità ha davanti a sé un’occasione unica per sostituire finalmente il TARMED e per ridurre i costi, visto che il nuovo tariffario valorizza i professionisti della salute che, fornendo cure di base e cure integrate, contribuiscono in modo significativo al contenimento della spesa sanitaria, ossia medici di famiglia, pediatri e psichiatri. Non occorre nemmeno avere coraggio per trovare un rimedio a questo annoso problema; basta la ferma volontà di cambiare di cose in meglio.

Che serva un cambiamento è fuori discussione. Di recente un giornalista che scrive per il settimanale tedesco «Die Zeit» ha definito il nostro sistema sanitario «Siechenhaus» (quello che ai tempi era l’ospedale dei poveri). Ovunque si guardi e si ascolti, è questione di costi, di prezzi eccessivi dei farmaci, di premi di cassa malati elevati, di eccessivo ricorso alle cure e alle visite mediche, di ospedali che faticano a rimanere in attivo nonostante le numerose prestazioni fornite. E come se non bastasse – o proprio per questo – saremo chiamati a votare su due iniziative che riguardano la sanità ma che si limitano ad affrontare i sintomi del problema.

Abbiamo a disposizione due importanti rimedi che possono avere un impatto positivo e duraturo sul nostro sistema sanitario: a) il finanziamento uniforme EFAS, b) la revisione del tariffario medico ambulatoriale. Il Parlamento ha riconosciuto l’impatto positivo di EFAS e ha votato nettamente a favore nel dicembre 2023. Il fatto che ora anche la popolazione sia chiamata a votare è una manovra incomprensibile che frena questa riforma e spreca risorse utili. b) Per quanto riguarda il tariffario delle prestazioni mediche ambulatoriali, la consigliera federale Baume-Schneider può scegliere tra diverse varianti. Sulla scrivania ha già un tariffario per singole prestazioni pronto (TARDOC) approvato da tutti e quattro (!) i partner tariffari, ossia FMH, curafutura, H+ e santésuisse, che garantisce il rispetto di tutti i criteri stabiliti dal Consiglio federale nel giugno 2022; ha anche i forfait ambulatoriali che il Parlamento vuole assolutamente introdurre in parallelo alle tariffe per singole prestazioni. Può quindi approvare il TARDOC e introdurlo con effetto dal 1° gennaio 2025, approvare il TARDOC insieme ai forfait ambulatoriali, oppure decidere di rinviare la decisione.

Se decidesse di rinviare la decisione e imponesse nuove condizioni, provocherebbe un ulteriore ritardo nell’introduzione di TARDOC. Questo vorrebbe dire ritornare al punto di partenza, con il risultato di dover convivere con l’ormai obsoleto TARMED ancora per qualche anno e il rischio di essere ancora allo stesso punto tra dieci anni, molto probabilmente con nuove discussioni e nuove esitazioni. Non bisogna dimenticare che elaborare un tariffario di queste dimensioni è già di per sé un compito estremamente complesso.

Non lasciamoci ingannare: l’approvazione del TARDOC viene tirata per le lunghe non perché si ritiene che la sua struttura sia inadeguata o perché si dubita della neutralità dei costi ma per una tattica attendista riguardo ai forfait ambulatoriali. Per dirla altrimenti: ora si tratta di avere il coraggio di abbattere i castelli di parole. Il presidente di santésuisse Martin Landolt è stato chiaro: serve una decisione immediata che ci consenta di avanzare.

Gli ospedali di tutto il Paese registrano perdite massicce. Gli ultimi in ordine cronologico gli ospedali di Zurigo: quello Universitario (-CHF 49 milioni), l’Ospedale di Winterthur (- CHF 49 milioni), quelli della città (-CHF 39 milioni). Ma è solo la punta dell’iceberg. La situazione non è migliore nei cantoni di Argovia, Svizzera orientale, Berna, Friburgo, Basilea o in Ticino dove l’EOC segna perdite malgrado forti impegni di risparmi. Ogni volta il Cantone, rispettivamente i cittadini, intervengono per saldare il conto gli ospedali in difficoltà. Secondo uno studio sono circa 2,4 miliardi di franchi svizzeri che ogni anno finisco nel buco nero degli ospedali pubblici e sovvenzionati. 

Tutti i mali vengono per nuocere? No. Ma dobbiamo ammettere che abbiamo troppi ospedali, addirittura 278!, e che pensiamo troppo poco in termini di «regioni ospedaliere». E nonostante lo spettro dei conti dissestati, la spinta verso una medicina all’avanguardia continua senza sosta, ad esempio a San Gallo, dove da poco si esegue la cardiochirurgia ai massimi livelli. In Argovia, dove la popolazione ha a disposizione due ospedali cantonali a 20 minuti di macchina con tutta la paletta di prestazioni, si sta costruendo un nuovo ospedale sovradimensionato, verosimilmente per rivendicare lo status di ospedale universitario. Ma non ha senso che gli ospedali investano in edifici lussuosi con infrastrutture avanzate, il cui obiettivo è l’occupazione di letti e degenze stazionarie.

L’occasione è ghiotta per togliere finalmente l’attenzione da cattedrali sovradimensionate. È il momento di riorganizzare i contratti di prestazione dei Cantoni con gli ospedali, evitando che troppi ospedali offrono gli stessi servizi. È ragionevole che gli ospedali universitari si concentrino sulla medicina (altamente) specializzata e abbandonino quella di base (specializzata). Gli ospedali nei centri sono chiamati a dedicarsi all’assistenza primaria estesa (specializzata), abbandonando le velleità nei confronti della medicina universitaria. Non da ultimo la medicina ambulatoriale, che necessita di poche infrastrutture, va fornita principalmente nei centri ambulatoriali. Il tutto è da coordinare dalle regioni ospedaliere, spesso composte da più cantoni, per garantire l’assegnazione di prestazioni differenziate, in modo che i servizi con infrastrutture costose non siano offerti due o più volte nel giro di 15 minuti di auto.

A contribuire a più qualità e costi sostenibili vi sono altre due grandi riforme: il TARMED, ossia il tariffario applicato per il finanziamento delle cure ambulatoriali e l’EFAS, il finanziamento uniforme dele cure ambulatoriali e stazionarie che, se approvato dal popolo (è stato lanciato con successo il referendum), promuoverebbe ulteriormente le cure ambulatoriali. Insomma, di fronte alle recenti notizie dei costi della sanità nuovamente in crescita, è tempo di agire.

Passaggio di testimone ai vertici di curafutura, l’associazione degli assicuratori-malattia: il ticinese Marco Romano, 41 anni, assumerà la carica di vicedirettore e responsabile Politica sanitaria, subentrando a Sandra Laubscher che dal 1° giugno 2024 assumerà la direzione dell’associazione Medicina Universitaria Svizzera (unimedsuisse). Laureato in scienze politiche e sociali, Marco Romano è stato consigliere nazionale dal 2011 al 2023 e ha presieduto tra l’altro la Commissione delle istituzioni politiche.

Marco Romano assumerà la carica di vicedirettore e responsabile Politica sanitaria.

L’associazione degli assicuratori-malattia curafutura ha nominato Marco Romano nuovo vicedirettore e membro di direzione. In questa funzione Romano dirigerà il settore Politica sanitaria.

Dal 2011 al 2023 Marco Romano ha rappresentato il Ticino in Consiglio nazionale tra le fila del Centro, sedendo nella Commissione dei trasporti e delle telecomunicazioni, nella Commissione della politica di sicurezza e nella Commissione delle istituzioni politiche che ha presieduto dal 2022 al 2023.

Marco Romano vanta una solida esperienza: dopo la laurea in scienze politiche e sociali all’Università di Berna, ha lavorato nell’economia privata non solo in Ticino ma in tutta la Svizzera. Oltre all’impegno politico nazionale, dal 2016 al 2020 ha fatto parte anche del Municipio di Mendrisio sempre per il Centro. «Accolgo con grande piacere questa nuova sfida che mi permetterà, con il sostegno di un team determinato, di contribuire allo sviluppo del sistema sanitario svizzero, di superare le barriere e di trovare, d’intesa con altri attori, le migliori soluzioni per gli assicurati. La sanità svizzera deve affrontare importanti sfide ed è mia intenzione adoperarmi per portare avanti un sistema che concretizzi i valori di curafutura», ha affermato. Attualmente Marco Romano dirige la fondazione IPT Ticino.

Marco Romano raccoglie il testimone da Sandra Laubscher, che dal 1° giugno 2024 assumerà la direzione dell’associazione Medicina Universitaria Svizzera (unimedsuisse). Pius Zängerle ringrazia Sandra Laubscher a nome di curafutura e dei suoi membri per il lavoro svolto con costanza e determinazione in un contesto impegnativo come il nostro e le augura le migliori soddisfazioni nella nuova sfida professionale.

Il Sì del Parlamento al finanziamento uniforme delle cure ambulatoriali e stazionarie (EFAS) chiude un anno complessivamente positivo per la politica sanitaria. Il 22 dicembre 2023 Parlamento, attori del settore e Consiglio federale erano consapevoli dell’importanza del momento. Lo hanno colto e hanno sostenuto l’adozione della più grande riforma mai proposta dall’introduzione della legge federale sull’assicurazione malattie (LAMal). Da parte nostra dobbiamo raccogliere l’energia liberata da questa decisione e la gioia per questo successo per affrontare al meglio le sfide che ci attendono nel 2024 con la nuova ministra della sanità Elisabeth Baume-Schneider. Toccherà a lei e al suo dipartimento mettere insieme i pezzi di puzzle del futuro nella sanità. Le due domande di approvazione riguardanti il tariffario delle cure mediche ambulatoriali sono sul suo tavolo. L’obiettivo è introdurre questo tariffario dal 1° gennaio 2025, ma per concretizzarlo Baume-Schneider dovrà prendere una decisione.

Pius Zängerle, direttore di curafutura

Il nuovo anno è iniziato da poco ma a Berna si respira già una certa aria di cambiamento nella politica sanitaria. Il 22 dicembre 2023 il Parlamento ha approvato a grande maggioranza il finanziamento uniforme delle cure stazionarie e ambulatoriali (EFAS), mettendo fine a un dibattito durato anni e liberando un’energia positiva attesa da tempo. Tutti si sono dichiarati disposti a unire le forze per far progredire il nostro sistema sanitario nonostante le previsioni più pessimistiche e il referendum già annunciato.

Al centro dell’attenzione: il tariffario medico per le cure ambulatoriali

La nuova consigliera federale Elisabeth Baume-Schneider può trarre vantaggio da questa energia positiva e spero che lo farà. Spesso, quando si è determinati e si vuole creare qualcosa di nuovo, si guarda subito al prossimo elemento che va cambiato. È così che funzionano i processi di ammodernamento. L’energia positiva è fondamentale per non perdere il passo.

La mia attenzione va ora al tariffario medico per le cure ambulatoriali. Come EFAS, anche il vecchio tariffario TARMED e il progetto che dovrebbe sostituirlo hanno alle spalle una storia lunga e sofferta . Introdotto nel 2004, il TARMED non è mai stato rivisto né tantomeno aggiornato. Non certo perché rispondeva comunque alle esigenze, ma perché le proposte di miglioramento e di rinnovo sono state sistematicamente ostacolate. A lungo i partner tariffali non sono riusciti a trovare un accordo sulla struttura tariffale. La svolta è arrivata nel 2020 con l’adesione di TARDOC da parte della compagnia assicurativa SWICA che sanciva la coalizione di curafutura, FMH, MTK e SWICA e assicurava al nuovo tariffario una maggioranza di assicurati. Un altro tassello importante è stato posato nel 2022 con la creazione del nuovo ufficio nazionale delle tariffe per le prestazioni mediche che coinvolgeva tutti i partner tariffali (curafutura, FMH, Santésuisse, H+ e MTK).

Questo è stato il primo passo di un progresso condiviso, nell’urgente necessità di istituire finalmente un nuovo tariffario per le cure mediche ambulatoriali. Nel frattempo, sono state presentate al Consiglio federale due richieste di tariffari. Si prevede che il Consiglio federale prenderà una decisione nella prima metà del 2024 e che TARMED sarà sostituito con successo il 1° gennaio 2025. Il TARDOC ha ottenuto il via libera da tutti e quattro i partner tariffari alla fine dello scorso anno. I suoi promotori hanno soddisfatto tutti i requisiti che il Consiglio federale aveva imposto nel giugno 2022 e a cui il Governo si attiene tuttora. In altre parole: il TARDOC è pronto. Se vogliamo beneficiare degli sforzi della politica sanitaria, questo sarebbe il momento giusto. Solo così è possibile realizzare l’ambizioso obiettivo: introdurre un nuovo tariffario per le cure mediche ambulatoriali entro il 2025.

La decisione è politica. Il Consiglio federale è disposto a riconoscere che è estremamente problematico gestire un volume così importante come quello del tariffario medico per le cure ambulatoriali nell’assicurazione malattia obbligatoria con un tariffario obsoleto? E che solo per questo fatto deve essere rinnovato? Non dimentichiamo inoltre che il volume crescerà ulteriormente e, se non si farà nulla, lavoreremo con un tariffario non più al passo con la medicina attuale. La nuova consigliera federale e il suo dipartimento capiranno che i tempi sono maturi? Si renderanno conto che altrimenti l’energia positiva generata dall’istituzione dell’ufficio nazionale e rafforzata dall’approvazione di EFAS svanirà?

Quanto sia diventato complesso il sistema sanitario svizzero lo dimostra ad esempio il dibattito in Parlamento sul secondo pacchetto di misure, in merito ai medicamenti. Da quanto sento, devo desumere che le nuove disposizioni sulla determinazione del prezzo dei nuovi farmaci da inserire nell’elenco delle specialità rischiano di far lievitare i costi anziché ridurli. Attualmente arrivano sul mercato molti farmaci molto costosi. Se secondo l’Ufficio federale della sanità (UFSP) dieci anni fa una nuova terapia oncologica costava ad esempio 1000 franchi, oggi ne costa tra gli 8000 e i 10 000. Il Parlamento sembrerebbe intenzionato ad assecondare le richieste del settore farmaceutico e questo avrà pesanti conseguenze per gli assicurati. Si rischia che sarà il settore farmaceutico a fissare il prezzo, per quanto provvisorio, dei farmaci ammessi. L’Ufficio federale della sanità pubblica avrà la possibilità di ridurlo ma l’industria farmaceutica gode di un diritto di veto e questo potrebbe rinviare la decisione alle calende greche e il prezzo eccessivo verrebbe praticato troppo a lungo. È quindi lecito chiedersi in che misura il secondo pacchetto di misure permette effettivamente di contenere i costi. Possiamo chiedere agli assicurati di far fronte per la terza volta consecutiva all’esplosione dei costi con un massiccio aumento dei premi?

Il nuovo anno è iniziato alla grande e tutto fa sperare che continui così. Personalmente sono ottimista. Del resto, in Svizzera con il nostro forte spirito democratico abbiamo sempre trovato buone soluzioni, dettate dalla ponderazione e dalla ragione. Restiamo quindi vigili e fiduciosi e attingiamo dall’energia positiva che lo scorso anno ha contraddistinto la politica sanitaria. Usiamola per realizzare con intelligenza le soluzioni che da tempo aspettano di essere implementate.

Negli ultimi 14 anni, sono usciti migliaia di articoli su EFAS. Il 22 dicembre 2023 sapremo finalmente se e quale impatto avranno avuto sulla riforma più incisiva mai proposta dall’introduzione della LAMal. Sapremo insomma se la Svizzera introdurrà il finanziamento uniforme delle prestazioni ambulatoriali e stazionarie. Il Consiglio nazionale e il Consiglio degli Stati hanno dedicato centinaia di ore all’esame e alla discussione di questo progetto. Nei punti in cui non c’era convergenza, hanno valutato i pro e i contro e hanno trovato dei compromessi.

Pius Zängerle, direttore di curafutura

Il tempo dei dibattiti è finito. Venerdì ci sarà la votazione finale, il momento della verità: in futuro la politica svizzera vuole o no un sistema sanitario sostenibile basato sulla solidarietà? Vuole un sistema di finanziamento uniforme che promuova trattamenti ambulatoriali avanzati a costi più convenienti? (Secondo Statista, in Svizzera l’ambulatorizzazione si attesta attualmente al 23% contro oltre l’80% negli Stati Uniti.) I politici svizzeri vogliono promuovere le cure integrate e ridurre il carico finanziario per gli assicurati approvando una soluzione in base alla quale anche i Cantoni parteciperanno al finanziamento delle cure ambulatoriali finora integralmente a carico degli assicurati? Detto in altri termini: la politica svizzera e i suoi rappresentanti cantonali riconoscono la dinamica e l’effetto leva di questa importante riforma, che fornisce una delle risposte più importanti al cambiamento in atto nell’assistenza sanitaria ambulatoriale?

Se guardiamo ai dibattiti dell’ultima settimana, possiamo affermare che c’è una forte volontà di mandare un segnale chiaro: le riforme devono sbloccarsi. La volontà di portarle avanti c’è perché è chiaro a tutti che sono necessarie.

Secondo Lorenz Hess non è più tempo di minacce

Lorenz Hess, consigliere nazionale del Centro nonché presidente di Visana, non ha usato giri di parole affermando che non è più il momento di affossare il progetto, di minacciare il referendum e di tirare linee rosse. Chi ci tiene darà il suo appoggio per portare a buon fine questo progetto travagliato.

curafutura e i suoi membri speravano che in futuro le fatture sarebbero state controllate esclusivamente dagli assicuratori e che l’integrazione delle cure di lunga durata nel progetto EFAS sarebbe stata sottoposta a condizioni chiare. Tuttavia, davanti a una riforma così importante che impone ai Cantoni di partecipare in misura molto più sostanziale al finanziamento delle prestazioni ambulatoriali, è indispensabile tenere conto delle loro preoccupazioni e delle loro richieste. Continuando a verificare le fatture per le prestazioni erogate in regime stazionario, i Cantoni mantengono il controllo sulla parte del sistema al quale, insieme agli ospedali, sono legati da una lunga storia. Non lo si può certo definire un miglioramento, ma nemmeno un peggioramento. Sono certo che i nostri parlamentari sono consapevoli della portata del loro voto e che sotto l’albero di Natale faranno trovare a tutti gli assicurati il regalo tanto atteso. Un regalo che, per di più, ha il sostegno di ben 22 attori del sistema sanitario: il sì a EFAS.

Due sviluppi positivi per il sistema sanitario

Si chiude un anno ricco di eventi per la politica sanitaria. In autunno, Alain Berset, che lascerà il Consiglio federale alla fine dell’anno, ha dovuto annunciare un significativo aumento dei premi. Di fronte a quest’evoluzione allarmante, gli appelli per riformare il sistema non potevano più essere ignorati. Nel frattempo, sono stati raggiunti due successi significativi. In primo luogo, il Consiglio federale ha accettato un adeguamento del margine di distribuzione dei medicamenti lanciando un chiaro segnale: in futuro, i generici avranno la precedenza sui farmaci originali. Questo ci permetterà di risparmiare 60 milioni di franchi a breve termine e altre centinaia di milioni a lungo termine. curafutura, FMH/APA, pharmaSuisse e H+ hanno lavorato instancabilmente per raggiungere questo compromesso che diventerà realtà nel luglio 2024 e avrà un impatto positivo sui costi dei medicamenti. In secondo luogo, tutti e quattro i partner tariffali (curafutura, FMH, H+ e Santésuisse) hanno accettato il tariffario delle prestazioni mediche ambulatoriali TARDOC. Le due domande di approvazione –  per il tariffario per singole prestazioni e per i forfait ambulatoriali – sono state inoltrate e sono sul tavolo della nuova responsabile del DFI, la consigliera federale Elisabeth Baume-Schneider. Sarà lei a dover esaminare nel corso del primo semestre 2024 questi due dossier, che incidono per 13 miliardi di franchi sui costi dell’AOMS, per poi sottoporli per decisione al Consiglio federale. L’obiettivo è di introdurre il nuovo tariffario il 1° gennaio 2025, come d’altronde pianificato congiuntamente dai partner tariffari.

La nuova ministra della sanità Elisabeth Baume-Schneider non potrà permettersi di tergiversare. Ci auguriamo che porti avanti ciò che è stato avviato ma che ha ancora trovato un esito positivo. Auspichiamo inoltre che Baume-Schneider definisca chiaramente le condizioni quadro necessarie per raggiungere gli obiettivi evitando adeguamenti costanti in corso d’opera. Da parte nostra, ci riproponiamo di avviare uno scambio regolare con gli attori principali della sanità con l’unico obiettivo di instaurare una collaborazione costruttiva per raggiungere insieme a loro, alla politica e al DFI/UFSP le migliori soluzioni possibili per tutta la popolazione svizzera.

curafutura continuerà a svolgere un ruolo attivo e a fare ciò che sa fare meglio: lavorare in modo mirato e costruttivo nell’interesse del sistema sanitario. Ci impegniamo affinché la sanità svizzera mantenga lo stesso livello qualitativo o lo aumenti, garantendo premi accessibili e la piena soddisfazione dei pazienti e degli assicurati.

Auguro a tutti Buone Feste e soprattutto tanta salute, il nostro bene più prezioso.

A inizio ottobre il Magazin del Tages-Anzeiger ha pubblicato un reportage dal titolo «Auf Stammtisch-Tour durch die Schweiz» dedicato alle imminenti elezioni federali. I giornalisti volevano in particolare sapere quali sono i sassolini che disturbano di più la popolazione svizzera. Per scoprirlo, hanno frequentato i bar di alcune località, tra cui Altdorf, Svitto, Muotathal (SZ), Zurigo, Olten e Berna. Ne è emerso un quadro sostanzialmente positivo. La politica in materia sanitaria non ha praticamente mai tenuto banco, sebbene sia il tema più dibattuto della campagna elettorale e figuri in cima alla lista delle preoccupazioni. Solo nel Muotathal si è discusso marginalmente di fisioterapia. Altrimenti, se proprio bisogna parlare di politica, ci si concentra sul lupo. Come è possibile?

Da un canto, il tema della sanità fa i titoli dei media anche perché per il prossimo anno si prospetta un aumento dei premi dell’8,7%, che peserà su tutti noi e che è sintomo di un’evoluzione sgradevole. D’altro, la popolazione svizzera si occupa molto meno di politica sanitaria rispetto a quanto lascerebbero supporre gli articoli riportati dagli stessi media. In un articolo pubblicato a metà ottobre nella rivista specializzata SAEZ, Yvonne Gilli, presidente di FMH, ha definito tossico il mix tra aumento dei premi e elezioni federali, dato che partiti e candidati puntano la loro campagna solo su ideologie e attribuzioni di colpa senza proporre soluzioni o proponendone di poco adatte.

In questo contesto mi pongo soprattutto una domanda: cosa resterà di tutte queste idee dopo le elezioni? Se già si fa tanto rumore, che serva almeno ad attirare l’attenzione su ciò che lo merita. La ricetta deve migliorare un sistema sanitario di per sé buono E ridurre i costi. Un obiettivo impegnativo tanto più che spesso ridurre i costi implica tagli allo status quo oppure burocrazia inutile. Senza dimenticare che migliorare il sistema è sinonimo non di raro di maggiori uscite.

Le riforme efficaci centrano entrambi gli obiettivi (risparmio e miglioramento). Questo dev’essere il nostro metro di misura. Partendo da questa considerazione, le proposte attuali suscitano molti interrogativi.
L’iniziativa del 10% può portare un po’ di sollievo nell’ottica sociale ma non migliora il sistema e non riduce i costi. La proposta di vincolare i premi al reddito implica procedure complesse e onerose. Il freno ai costi non migliora la situazione attuale e tanto meno consente ottimizzazioni. Il controprogetto indirettoe i premi light non faranno che creare ulteriori ostacoli. Chi è già stato ospedalizzato per un intervento sa bene quanto siano onerose le fatture. Se dovessimo pagarle personalmente, ci ritroveremmo in difficoltà. Anche il rilancio della cassa malati unica non propone nulla di nuovo. Nonostante tutte le critiche rivolte agli assicuratori malattia e alle loro scelte, va ammesso che i loro costi di gestione sono inferiori rispetto a quelli di altre assicurazioni sociali e una cassa unica generebbe più burocrazia senza ovviare al problema fondamentale dell’esplosione dei premi.

Attualmente sul tavolo ci sono tre riforme che possono di fatto ridurre i costi e migliorare il sistema: il tariffario per le cure mediche ambulatoriali TARDOC con forfait (sempre che le tariffe vengano approvate), il finanziamento uniforme EFAS e la revisione dei margini grazie alla quale i farmacisti non beneficeranno più di margini di guadagno maggiori vendendo gli originali invece dei generici. Queste riforme migliorano il sistema eliminando i principali incentivi negativi. E riducono i costi: TARDOC prevede la neutralità dei costi per tre anni (600 mio.); EFAS promuove il trasferimento delle cure verso il regime ambulatoriale, più conveniente, e aumenta l’attrattiva delle cure coordinate evitando doppioni (da 1 a 3 mia. secondo gli studi); la revisione dei margini favorisce la distribuzione di farmaci generici (60 mio. e diverse centinaia di milioni dagli effetti che ne conseguono).

Le tre riforme hanno alcuni punti in comune: sono state avviate oltre 10 anni fa, sono necessarie e sono mature. Diversamente dalle proposte formulate sullo slancio emotivo dai partiti che vogliono attirare le simpatie sul promotore dell’idea secondo i principi delle migliori strategie elettorali, poggiano su basi oggettive e serie.

Nils Anders Tegnell, epidemiologo di Stato svedese ha affermato: «Sono profondamente scettico davanti alle soluzioni semplici».
Una volta ho sentito un’affermazione dell’ex epidemiologo di Stato svedese Anders Tegenell che ha attirato tutta la mia attenzione: «Sono profondamente scettico davanti alle soluzioni semplici». Del resto, la fase di realizzazione porta di solito alla luce molti errori. Condivido questa affermazione nella misura in cui semplice è una parola di immediata comprensione. Tuttavia, proprio nei dibattiti riguardanti EFAS, TARDOC e revisione dei margini è emerso che solo confrontandosi con il tema è possibile capire le sfide che si presentano. E quanto è difficile trovare una soluzione cooperativa in un sistema, come quello svizzero, che coinvolge molti attori, tutti determinati a farsi ascoltare e a dire la loro.

Alla fine vince il compromesso. Il nuovo impone delle rinunce. curafutura è riuscita a fare breccia sul fronte della revisione dei margini con l’appoggio di pharmaSuisse, FMH e H+. Per EFAS ha potuto contare su 22 associazioni importanti mentre per TARDOC si è avvalsa del sostegno di FMH, MTK e SWICA – e recentemente anche di Santésuisse e H+ nell’ambito della collaborazione per la creazione dell’ufficio responsabile in materia di tariffe. Il fatto che questi progetti siano caratterizzati da un tempo di gestazione molto lungo, conferma che non basta premere un pulsante per trovare soluzioni pronte all’uso. Tanto meno in Svizzera dove pro e contro vengono ponderati finché non si trova una soluzione «intelligente». In passato siamo stati premiati per le nostre riflessioni, ma oggi? Sono tuttora convinto che il sistema federale svizzero abbia molti vantaggi, anche se il mondo gira sempre più velocemente. Arriva comunque sempre il momento in cui bisogna andare oltre le parole per cogliere l’opportunità. E per le nostre tre riforme questo momento è adesso.

Nonostante tutte le critiche e gli allarmismi, la Svizzera dispone tuttora di uno dei migliori sistemi sanitari del mondo. E questo ha un prezzo. Se continuiamo a stringere viti a destra e a manca senza seguire una linea precisa, corriamo il rischio di perdere più di quanto vorremmo. Il nuovo Parlamento sotto il nuovo Consiglio federale dovrebbe approvare progetti maturi come EFAS. E il nuovo Consiglio federale dovrà presto decidere in merito al tariffario per le cure ambulatoriali. Bisogna fare posto per il nuovo che dovrà essere pronto per entrare in vigore nel 2030, 2040 o addirittura 2050 (!). Lasciamoci sorprendere.

Il sistema di neutralità dei costi messo a punto per il nuovo tariffario TARDOC garantisce un aumento inferiore alla media dei costi sanitari e riduce in modo duraturo il carico finanziario degli assicurati.

curafutura ha valutato nuovamente l’impatto del nuovo tariffario TARDOC sull’evoluzione dei costi della sanità. Con l’introduzione di un tetto dei costi vincolante, l’onere a carico degli assicurati diminuirà nettamente. La valutazione mostra che con la fase triennale di neutralità dei costi i risparmi raggiungeranno 600 milioni di franchi svizzeri all’anno. Il TARDOC può quindi fornire già ora un importante contributo al contenimento dei costi. Un contributo ancora più necessario dopo il marcato aumento dei premi nel 2023 e alla luce dell’attuale forte evoluzione dei costi.

Il nuovo tariffario medico ambulatoriale TARDOC contribuisce in modo significativo al contenimento dei costi. Parte integrante del tariffario, il sistema di neutralità dei costi (link, in tedesco), è stato concordato contrattualmente tra i partner tariffali e consente di controllare i costi dopo l’entrata in vigore del TARDOC, in sostituzione del TARMED. Il fulcro del sistema è la definizione di una fascia di variazione vincolante per l’evoluzione dei costi rispetto all’anno precedente all’introduzione del TARDOC. Il limite inferiore della fascia è stato fissato al -1 % all’anno (riduzione dei costi), quello superiore al +2 % all’anno (aumento dei costi). Tutte le prestazioni fatturate con il TARDOC sono contenute in questa fascia.

Se i costi si situano al di fuori della fascia di variazione, vengono attivati meccanismi di correzione e compensazione. Se invece rimangono nella fascia (tra -1 % e +2 %), non sono necessarie correzioni.

Risparmio potenziale di almeno 187 milioni di franchi in un anno

Per illustrare il potenziale di risparmio, curafutura presenta un’analisi basata sugli ultimi dati relativi all’andamento dei costi nel 2022 che mostra l’evoluzione dei costi se il nuovo tariffario TARDOC e se il sistema di neutralità dei costi fossero già in vigore.

Nel 2022 i costi delle prestazioni ambulatoriali sono aumentati del 3,5 % (link). Visto che l’aumento si situa al di fuori della fascia di variazione (troppo alto), con il TARDOC si sarebbero attivate misure di correzione e compensazione per riportare i costi al di sotto del tetto massimo fissato (+2 %). Questo avrebbe permesso un risparmio dell’1,5 %, ossia 187 milioni di franchi in un solo anno.

Dopo tre anni risparmio annuo ricorrente per 600 milioni di franchi

La fase di neutralità dei costi non produrrà effetti solo per un anno: durerà per lo meno tre anni dopo l’entrata in vigore del TARDOC e il Consiglio federale potrà decidere di prorogarla se riterrà che le condizioni non siano ancora soddisfatte. Inoltre, è stato concordato un monitoraggio a lungo termine. Questo significa che l’impatto del TARDOC sull’evoluzione dei costi sanitari va calcolato tenendo conto della durata minima della fase di neutralità dei costi, vale a dire tre anni.

Dopo tale fase, si ottiene un risparmio ricorrente di 600 milioni di franchi all’anno posto che in questi tre anni l’aumento dei costi nel settore ambulatoriale si attesti al 3,5 %. Si tratta di un’ipotesi moderata, visto che negli anni «ordinari» (p. es. senza pandemia) i costi delle prestazioni nel settore ambulatoriale sono aumentati in certi casi ben al di sopra del 4 %. Se ciò avvenisse anche nei prossimi anni, il risparmio supererebbe i 600 milioni di franchi.

Il TARDOC avrà un ruolo fondamentale nella stabilizzazione dei costi dell’AOMS

L’obiettivo principale del TARDOC è la revisione del tariffario medico ambulatoriale, attesa da molto tempo. Grazie al sistema di neutralità dei costi, il nuovo tariffario garantisce anche una migliore prevedibilità e porta a una netta riduzione dei costi su più anni nel settore ambulatoriale. Secondo il direttore di curafutura Pius Zängerle si tratta di un segnale confortante dopo l’aumento dei premi nel 2023 e alla luce dell’attuale evoluzione dei costi.

Il TARDOC avrà un ruolo di contenimento dei costi dell’assicurazione di base (AOMS). Sostituirà l’ormai obsoleto TARMED, il tariffario più importante nell’AOMS, al quale è riconducibile un terzo dei costi dell’AOMS, ossia circa 13 miliardi di franchi all’anno. Il contenimento dei costi reso possibile da un sistema tariffario aggiornato sotto il profilo medico ed economico avrà quindi un notevole impatto sui costi complessivi dell’AOMS e, di rimando, sui premi di tutti gli assicurati.

Neutralità dei costi: requisiti identici per tutti

curafutura attende con interesse il sistema di neutralità dei costi per gli importi forfettari ambulatoriali. È fondamentale che il Consiglio federale fissi gli stessi requisiti per entrambi i progetti e li valuti con lo stesso metro di giudizio. Solo così si eviterà di risparmiare da un lato e di spendere troppo dall’altro. Tutta la documentazione relativa ai futuri tariffari dovrà essere trasmessa all’organizzazione per le tariffe mediche ambulatoriali (OAAT) entro il 30 giugno 2023.

Funzionamento del sistema di neutralità dei costi

L’esigenza di neutralità dei costi risulta dall’articolo 59c capoverso 1 lettera c dell’ordinanza sull’assicurazione malattie (OAMal), in virtù del quale un cambiamento del modello tariffale non deve comportare costi supplementari. La disposizione mira a evitare che il passaggio al nuovo tariffario comporti un aumento artificiale dei costi dovuto esclusivamente al cambiamento di tariffario.

curafutura ha deciso di pubblicare il sistema di neutralità dei costi del TARDOC in modo da creare trasparenza nel dibattito (link). Il sistema poggia sui seguenti principi tecnico-economici:
1) La combinazione di effetti di prezzo e di volume è considerata integralmente.
2) L’evoluzione dei costi viene monitorata su un arco di tempo definito.
3) Vengono considerati i costi supplementari e i risparmi che risultano da altri tariffari.
4) Gli shock esogeni, gli interventi politici o i cambiamenti strutturali e di prezzo in altri tariffari non devono essere imputati al cambiamento di modello tariffario.

Nell’aprile del 2013, CSS, Helsana, Sanitas e KPT decidevano di far fronte comune dando via a una nuova associazione mantello, curafutura. Sono passati 10 anni da allora. curafutura segna questo importante traguardo con il passaggio di consegne tra il presidente uscente Josef Dittli, Consigliere agli Stati urano, e il nuovo presidente Konrad Graber.

Pius Zängerle, direttore

Per molti il nuovo arrivato è un volto noto. Consigliere agli Stati per il Cantone di Lucerna, dal 2007 al 2019 ha fatto parte della Commissione della sicurezza sociale e della sanità della Camera alta, della quale è stato anche presidente. Ha inoltre presieduto il Consiglio di amministrazione del gruppo Emmi fino all’aprile 2023 ed è stato membro del Consiglio di amministrazione della CSS.

Se pensiamo al passato e agli inizi di curafutura, non possiamo fare a meno di ricordare che il primo presidente è stato l’attuale Consigliere federale Ignazio Cassis. Nel 2014 aveva dichiarato: «Con oltre il 40 per cento degli assicurati, curafutura ha la massa critica per poter influenzare il sistema sanitario. (…). I fornitori di prestazioni dovrebbero apprezzare la possibilità di negoziare con un partner che parla apertamente e non rifiuta a priori le proposte presentate. Del resto, gli obiettivi sono condivisi da molti fornitori di prestazioni e questo fa ben sperare.»

Oggi, a distanza di 10 anni, guardiamo con orgoglio al nostro posizionamento nel settore della sanità e ai risultati ottenuti. Dopo un decennio di duro lavoro, manca davvero poco al conseguimento dei nostri obiettivi di riforma.

Panoramica

Negli oltre otto anni passati a curafutura, mi è stato chiesto spesso perché servano due associazioni mantello di assicuratori-malattia. La mia risposta di allora è la stessa di oggi. Primo: perché non tutti gli assicuratori hanno lo stesso DNA e di conseguenza vogliono o possono riformare il sistema sanitario allo stesso modo. Secondo: perché la presenza di due associazioni stimola la concorrenza. E questo, e siamo al terzo punto, permette alle riforme di andare in porto.

La risposta più importante che fornisco ai miei interlocutori è una controdomanda: dove saremmo oggi senza curafutura? A che punto sarebbero il nuovo tariffario medico, il finanziamento uniforme EFAS e la revisione del sistema dei margini? A che punto sarebbe la psicoterapia per la quale abbiamo sviluppato in tempi brevissimi la struttura tariffale in vigore? Esisterebbe la piattaforma OLU, che raccoglie le valutazioni di studi clinici per facilitare l’esame delle domande di rimborso secondo gli articoli 71a-71d OAMal per medicamenti off-label, non ammessi nell’elenco delle specialità?

La risposta è un’alzata di spalle? Oppure l’interlocutore tace perché sa che ho ragione? O forse tace perché rispondere alla domanda è difficile. Dopo tutto è vero che non sappiamo dove saremmo senza curafutura.

Il nostro nuovo presidente è un politico di lungo corso ed è noto per la sua capacità di mediazione. A proposito degli obiettivi che si è posto per curafutura, ha dichiarato ai media di volersi impegnare per consolidare ulteriormente la posizione di curafutura come attore di primo piano e che lavorerà per migliorare l’efficienza del sistema sanitario e per mantenere un rapporto equilibrato tra prestazioni di alta qualità e un’evoluzione moderata dei costi.

Cara lettrice, caro lettore, non c’è molto da aggiungere. Dopo 10 anni di intenso lavoro, mi preme ringraziarvi per la fiducia dimostrata nei confronti di curafutura. Brindo al proseguimento di un approccio collaborativo, trasparente e lungimirante nell’interesse di un sistema sanitario moderno.

Konrad Graber, nuovo Presidente dal 1° giugno 2023
Le posizioni estreme vengono utilizzate per attirare l’attenzione dei media e far emergere gli interessi. La verità si trova di solito tra il bianco e il nero. Questo valeva per il dibattito sui costi dell’anno scorso e vale per le discussioni attuali su una presunta carenza di approvvigionamento di medicamenti su vasta scala.
Pius Zängerle, direttore curafutura

L’aspetto interessante è che, l’anno scorso, gli esperti di salute più allarmisti non hanno mai sottolineato a sufficienza che gli aumenti dei premi per il 2023 sarebbero stati di due cifre percentuali. Alla fine sono stati del 6,6%. Quest’anno il dibattito si capovolge al contrario. Dall’attenzione ai costi si passa all’attenzione all’approvvigionamento con le relative notizie funeste. La cosa brutta è che, in entrambi i casi, si alimentano timori tra la popolazione.

Per quanto riguarda i costi, sappiamo che a partire dalla seconda metà del 2022 siamo tornati ai livelli pre-corona. La domanda di prestazioni è rimasta invariata e, in alcuni settori, è addirittura aumentata. Tuttavia, la parola «esplosione dei costi» è fuori luogo. L’anno scorso abbiamo registrato nell’AOMS un aumento dei costi pro capite del 2,6%. Questo è il livello che vediamo negli ultimi 10 anni (+2,8%). E rispetto al parametro del gruppo di esperti del DFI, che parla di un aumento dei costi massimo del 2,7% all’anno nell’AOMS prima di adottare misure di contenimento dei costi, ci muoviamo nell’ambito previsto.

Occorre vigilare anche sulla parola «carenza di approvvigionamento». Abbiamo una carenza di approvvigionamento o una carenza di fornitori in determinati settori? A seconda dei casi, possono essere adottate misure differenti. Non c’è bisogno di reinventarne gran parte. Dopotutto, negli ultimi anni il tema è stato inserito a intervalli regolari nell’agenda politica e ogni volta è stata valutata la correttezza del catalogo di misure.

Mi sembra importante che ognuno si assuma la responsabilità della funzione che gli è stata assegnata. Ad esempio, l’Ufficio federale per l’approvvigionamento economico del Paese (UFAE) ha la supervisione generale sull’inventario di medicamenti nelle scorte obbligatorie. Esso tiene inoltre un elenco costantemente aggiornato dei medicinali per uso umano autorizzati e disponibili. I fornitori di prestazioni possono accedervi. Il medico, a sua volta, prescrive la ricetta ai suoi pazienti. Il/la farmacista è al loro fianco per consigliarli, soprattutto per quanto riguarda la dispensazione di un medicinale generico o biosimilario. Se necessario, il/la farmacista può consultare il medico. In altre parole: abbiamo abbastanza medicamenti come scorte. Ma stiamo anche sfruttando le opportunità esistenti e siamo flessibili nell’agire?

Il fatto che la penuria di medicamenti sia giustificata da prezzi troppo bassi dei medicamenti e da un giro di risparmio mi fa venire i brividi. La Svizzera è al primo posto tra tutti i paesi europei per quanto riguarda l’approvvigionamento di farmaci, ma anche per quanto riguarda i prezzi. I preparati originali sono molto più costosi e i prezzi dei farmaci generici sono addirittura il doppio rispetto a quelli praticati all’estero. Quindi può essere dovuto al prezzo solo in misura limitata.

Come si deve allora classificare tutto questo? Attualmente, come in tutto il mondo, le voci forti ed estreme sono il modo principale per attirare l’attenzione. Non c’è da stupirsi se il flusso di comunicazioni si è diffuso con i social media. Toni differenziati sono meno richiesti. In passato, tuttavia, proprio la Svizzera è stata in grado di prendere decisioni ben ponderate. L’esempio dell’ammissione di medici stranieri, che è stato recentemente rilanciato in Parlamento, dimostra dove possa condurre il contrario. Il fatto che nel giro di pochi mesi una decisione venga già rimessa in discussione e ribaltata non deve essere all’ordine del giorno. Altrimenti la politica diventerà poco credibile e la fiducia nello Stato di diritto verrà compromessa, a scapito di tutti noi.

Mi sembra quindi molto più importante portare finalmente a termine le riforme previste da molto tempo per le tariffe mediche ambulatoriali, il finanziamento unico EFAS e la revisione dei margini. Ciò può essere messo in scena in modo meno drammatico dai media, ma è ancora più efficace nel mondo reale.