Il partenariato tariffale risulta fortemente indebolito. La fiducia nel Consiglio federale è compromessa e i ritardi si protrarranno ancora per anni.

La mancata approvazione del nuovo tariffario medico TARDOC da parte del Consiglio federale va a scapito dei pazienti, degli assicurati e dei medici. I partner tariffali curafutura e FMH deplorano questa decisione incomprensibile, in quanto ritengono che il TARDOC soddisfi i criteri di approvazione e avrebbe garantito un miglioramento significativo rispetto all’obsoleto TARMED grazie all’aumento dell’efficienza e all’eliminazione degli incentivi negativi. FMH e curafutura ritengono che il clima di fiducia tra i partner tariffalii e l’autorità di approvazione sia compromesso e temono che i ritardi che caratterizzano la revisione del tariffario medico, che rappresenta un volume di prestazioni pari a un terzo dei premi, si protrarrà ancora per anni. La responsabilità è dell’insieme del Consiglio federale.

Il tariffario medico TARDOC è già stato presentato al Consiglio federale per approvazione nel 2019. Sulla base delle richieste formulate dall’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) è stato successivamente completato e ripresentato a tre altre riprese (nel giugno 2020, nel marzo 2021 e nel dicembre 2021). Il TARDOC soddisfa i requisiti normativi necessari per l’approvazione: riunisce tutti i fornitori di prestazioni (FMH, H+) e la maggioranza degli assicuratori (curafutura, SWICA e CTM) e garantisce la neutralità dei costi grazie a un meccanismo che assicura una transizione dal TARMED al TARDOC senza costi aggiuntivi. La raccomandazione del Consiglio federale (durata della fase di neutralità dei costi estesa a tre anni) è stata attuata. Il Consiglio federale cambia di nuovo le regole del gioco in merito alla neutralità dei costi. Per i partner tariffali FMH, curafutura e CTM la decisione del Consiglio federale risulta quindi incomprensibile.

La mancata approvazione obbliga gli attori sanitari a continuare a lavorare con l’obsoleto TARMED, in vigore dal 2004 e non più conforme allo stato attuale della medicina. Gli incentivi negativi prodotti nel tempo dal TARMED persisteranno, così come gli sprechi finanziari dovuti a una cattiva allocazione delle risorse. Anche il previsto rafforzamento delle cure mediche di base fornite dai medici di famiglia e dai pediatri risulterà precluso sul lungo periodo.

Fiducia compromessa e partenariato tariffale indebolito

La mancata approvazione del TARDOC da parte del Consiglio federale rimette in discussione anche il partenariato tariffale come elemento centrale della LAMal poiché di fatto misconosce il grande lavoro svolto nei dieci anni dal lancio del progetto per l’elaborazione del nuovo tariffario. In queste condizioni, sarà difficile che i partner tariffali si impegnino a partecipare a ulteriori lavori di ampia portata per timore che l’autorità di approvazione non consideri adeguatamente i loro sforzi. La decisione del Consiglio federale penalizza la propositività e l’impegno dei partner e premia chi ha optato per lo status quo. Il segnale dato è che con il proprio veto ogni partner tariffale può bloccare la soluzione costruttiva raggiunta dalla maggioranza.

curafutura e FMH analizzeranno nel dettaglio la decisione del Consiglio federale e decideranno i passi successivi. È chiaro però che non sarà possibile sostituire il TARMED in tempi brevi. In questo senso la mancata approvazione del TARDOC è un’enorme occasione persa. Questa decisione ritarderà per gli anni a venire l’elaborazione di un tariffario adeguato delle prestazioni mediche. A farne le spese saranno innanzitutto i pazienti e gli assicurati.

Yvonne Gilli, presidente, FMH
«Il TARDOC riflette adeguatamente lo stato della medicina e raccoglie il consenso della grande maggioranza dei fornitori di prestazioni e degli assicuratori. La mancata approvazione va a scapito dei pazienti: né la collaborazione interprofessionale, né la medicina palliativa, né il nuovo capitolo del tariffario dedicato alla medicina generale né tanto meno la digitalizzazione si riflettono nell’ormai obsoleto TARMED, che però i medici dovranno continuare a utilizzare.»
 
Pius Zängerle, direttore curafutura
«Il partenariato tariffale funziona. Nonostante gli interessi divergenti e le posizioni talvolta rigide all’inizio dei negoziati, la FMH e curafutura sono riuscite a definire un tariffario medico che soddisfa le condizioni quadro. Il fatto che il TARDOC non sia di nuovo stato approvato da parte del Consiglio federale è un pessimo segnale per tutti coloro che vogliono far progredire il sistema sanitario e cercano soluzioni anziché crogiolarsi nello status quo.»
 
Joachim Eder, presidente ats-tms AG, già presidente della CSS (Consiglio degli Stati)
«Il Consiglio federale ha deciso contro la volontà dei Cantoni, della maggioranza degli assicuratori e dei fornitori di prestazioni. Una decisione incomprensibile che andrà a scapito dei pazienti e degli assicurati. Il Consiglio federale dovrà ora assumersi la responsabilità dello sfacelo che questo comporterà per la politica sanitaria. È un giorno buio non solo per l’autonomia tariffale, ma anche per le altre riforme necessarie nella sanità. La fiducia è compromessa e la coesione più volte chiesta dal ministro Berset ne esce con le ossa rotte.»
 
Andreas Christen, direttore del Servizio centrale delle tariffe mediche LAINF (SCTM), a nome della CTM 
«La CTM deplora la decisione del Consiglio federale. Speravamo nell’approvazione del TARDOC in modo da poter finalmente sostituire l’obsoleto TARMED anche nell’ambito dell’assicurazione infortuni, invalidità e militare.»
 
Philippe Luchsinger, presidente mfe (Medici di famiglia e dell’infanzia Svizzera)
«La medicina di famiglia e pediatrica è un pilastro importante delle cure mediche di base. Il TARDOC avrebbe finalmente rispecchiato questa componente in un capitolo a sé stante. È frustrante dover continuare a lavorare con un tariffario obsoleto e inadeguato.»

Il primo bilancio a cinque mesi dal lancio della nuova piattaforma «smartrating» per l’uso off-label dei medicamenti è positivo. I medici di fiducia accolgono con favore la base uniforme per la presa di decisioni e la trasparenza per tutti i soggetti coinvolti.

La nuova piattaforma digitale per l’uso off-label dei medicamenti è stata lanciata in gennaio 2022 (cfr. documentazione allegata). Nel frattempo sono già state documentate 90 valutazioni (rating) che supportano i medici di fiducia degli assicuratori nella valutazione e nella decisione di assunzione dei costi per i medicamenti normalmente non rimborsati dall’assicurazione obbligatoria. Le valutazioni sono una base preziosa per l’adozione delle decisioni. Secondo Beat Kipfer, medico di fiducia di KPT, grazie alla piattaforma il lavoro è globalmente più soddisfacente: la piattaforma permette di ampliare costantemente le conoscenze e di lavorare in modo molto più efficiente.

Oggi, in casi eccezionali, gli assicuratori malattia possono rimborsare medicamenti che non figurano nell’elenco degli oltre 3200 farmaci rimborsati dall’assicurazione obbligatoria. Il medico curante può presentare una richiesta di assunzione dei costi all’assicuratore del paziente che, se i requisiti di legge sono soddisfatti, copre i costi. Negli ultimi anni, un numero crescente di pazienti ha potuto beneficiare di questa possibilità, ad esempio per nuove terapie oncologiche. Nel 2019 sono state trattate 38 000 domande. Gli studi disponibili sulla piattaforma facilitano la valutazione. Thomas Cerny, membro del Comitato della Lega svizzera contro il cancro e vicepresidente di OncoSuisse, ne ha sottolineato i vantaggi in occasione della conferenza stampa, affermando che la piattaforma offre una base standardizzata che facilita le decisioni in materia di assunzione dei costi.

Base scientifica uniforme
Il metodo scelto dai servizi dei medici di fiducia garantisce che il beneficio clinico di un principio attivo venga valutato sempre in base allo stesso contesto e analizzato partendo dalla stessa base scientifica. La valutazione viene poi pubblicata sulla piattaforma che non è pubblica e serve al trasferimento delle conoscenze. La valutazione degli studi risulta così equilibrata e obiettiva e accresce ulteriormente la fiducia nel sistema di rimborso dell’uso nel singolo caso.

A «smartrating» aderiscono gli assicuratori Concordia, CSS, Helsana, KPT, Sanitas, Swica e Visana. L’obiettivo è di convincere altri assicuratori ad aderire. La piattaforma non contiene dati personali, ma solo gli studi clinici pubblicati sui principi attivi, con la valutazione dei benefici e la relativa documentazione nel contesto clinico. Pius Zängerle, direttore di curafutura, evidenzia come la protezione dei dati sia garantita in qualsiasi momento. Secondo Matthias Schenker, responsabile della Divisione Politica sanitaria CSS, la piattaforma presenta vantaggi non solo per tutti gli attori coinvolti ma anche e soprattutto per i pazienti. 

curafutura raggruppa gli assicuratori malattia CSS, Helsana, Sanitas e KPT. Oltre ai membri di curafutura, alla nuova piattaforma «smartrating» hanno aderito Concordia, SWICA e Visana. L’obiettivo è di far aderire il maggior numero possibile di assicuratori, in modo che la valutazione poggi su una base per quanto possibile ampia. 
Andreas Schiesser ha un dottorato in economia. È responsabile di progetto Farma/medicamenti presso curafutura ed è membro della Commissione federale dei medicamenti.

Per Andreas Schiesser, responsabile di progetto Farma/medicamenti presso curafutura, è comprensibile che le aziende farmaceutiche mirino prima di tutto al profitto. Quello che invece non capisce è perché la politica non abbia un’agenda che tuteli gli interessi degli assicurati e dei pazienti.

curafutura si definisce l’associazione degli assicuratori malattia innovativi. Cosa significa questo per Lei?

Innovazione per me significa che la nostra associazione e i suoi membri contribuiscono a ottimizzare il sistema sanitario svizzero. Puntiamo a un impiego più efficiente delle risorse, per esempio adoperandoci per trovare una via di uscita alla spirale al rialzo dei prezzi dei medicamenti.

Come?

Per esempio promuoviamo interventi politici volti a modificare il quadro giuridico. Questi interventi dimostrano come curafutura può essere innovativa e cerca attivamente di migliorare le cose.

Può fare un esempio concreto di come si possono apportare cambiamenti in un mercato così regolamentato?

Un esempio di stretta attualità sono gli sforzi per introdurre margini di distribuzione privi di incentivi. Vogliamo indurre medici e farmacisti che prescrivono o dispensano farmaci a prediligere i generici o i biosimilari. A tal fine è imprescindibile che ottengano lo stesso margine di guadagno che per i preparati originali. Insieme a pharmaSuisse e FMH, abbiamo sviluppato delle proposte per eliminare gli incentivi negativi che ancora sussistono.

È davvero un grande miglioramento?

Assolutamente. Grazie ai margini privi di incentivi i medicamenti sono impiegati in modo efficiente ed economico. Nei Paesi che hanno già adottato questo sistema il mercato è cambiato e c’è una maggiore scelta di generici. Questo porta automaticamente a una maggiore concorrenza.

Cosa può dirmi sui costi dei medicamenti in Svizzera?

La Svizzera ha la spesa farmaceutica pro capite più alta d’Europa. L’anno scorso nell’assicurazione di base sono stati spesi quasi 8 miliardi di franchi in medicinali. I costi dei medicinali stanno aumentando ad un tasso superiore alla media: dieci anni fa si aggiravano intorno ai 5 miliardi. Questo significa un aumento medio superiore al 5% all’anno. Nel 2021 l’incremento è stato addirittura del 6,5%.

I costi stanno aumentando in tutti i settori della sanità; quelli dei medicamenti più degli altri.
Da dove si dovrebbe cominciare?

Per rispondere a questa domanda bisogna partire dal prezzo ponderato per unità fatturata. In dieci anni è aumentato da 41 a 64 franchi e questo indipendentemente che si tratti di una confezione di medicinali, un’applicazione o un’iniezione. Osserviamo una corsa al rialzo dei prezzi per tutti i nuovi farmaci che arrivano sul mercato. Siamo di fronte a una spirale al rialzo.

Come si fa a interrompere questa spirale?

Il consigliere agli Stati PLR Josef Dittli, presidente di curafutura, propone un approccio interessante: includere il criterio della prevalenza nelle regole per la definizione dei prezzi. Semplificando un po’, questo significa che più una malattia è diffusa nella popolazione, meno dovrebbe costare il farmaco per curarla. L’attuale regolamentazione non considera affatto questo criterio. La proposta ha senso anche dal punto di vista economico. Se i volumi sono maggiori, i fabbricanti ottengono economie di scala di cui anche gli assicurati dovrebbero poter beneficiare.

Dove vede un ulteriore potenziale?

Nell’applicazione più coerente delle regole esistenti. Per legge, le autorità e gli assicuratori sono obbligati a garantire che le prestazioni siano fornite in modo economico. In altre parole: se due prestazioni sono comparabili, solo quella più economica può essere remunerata. Nel caso dei medicinali, invece, il preparato originale, più caro, è rimborsato allo stesso modo del generico più economico. 

Perché queste regole non vengono applicate in modo coerente?

Perché quando la legge stabilisce una cosa e l’ordinanza la contraddice è difficile venirne a capo. Il confronto terapeutico trasversale dovrebbe essere effettuato con la terapia standard, indipendentemente dalla protezione brevettuale. Ciò significa che deve essere possibile confrontare i costi di una nuova terapia con quelli della terapia già in uso, a prescindere che questa sia protetta da brevetto o meno. Solo in questo modo possiamo garantire che un confronto terapeutico trasversale non sia limitato da disposizioni giuridiche.

Perché gli assicuratori malattia non fanno nulla per far rispettare questa richiesta?

Dal punto di vista giuridico c’è uno squilibrio. Le decisioni dell’UFSP possono essere impugnate solo dalle case farmaceutiche, ma non dalle parti interessate dalla decisione, ossia dagli assicuratori malattia o dalle organizzazioni dei pazienti. Si dovrebbe dare a tutti gli attori la possibilità di battersi ad armi pari. L’industria farmaceutica critica la lentezza della procedura di omologazione dei nuovi farmaci, imputabile, nella maggior parte dei casi, alle discussioni sull’economicità. Da un’ottica inversa potremmo dire che i prezzi chiesti dalle aziende farmaceutiche sono troppo alti. Se guardiamo a trenta o quarant’anni fa, constatiamo che il livello assoluto dei prezzi dei nuovi farmaci ha segnato un aumento considerevole.

Le aziende farmaceutiche puntano a prezzi per quanto possibile alti. Perché dovrebbero essere interessate a prezzi più bassi?

Da un lato, si potrebbe dire che esigenze di prezzo moderate favoriscono un accesso più rapido al mercato e ai pazienti. Questo significa poter aprire più rapidamente un mercato. Si potrebbe quindi raggiungere un certo equilibrio. Ma è chiaro che queste aziende mirano al profitto e che i loro investimenti si focalizzano sui settori in cui il potenziale di guadagno è maggiore: malattie orfane, oncologia, malattie che generano costi elevati.

La Svizzera è una piazza importante per l’industria farmaceutica.

Sì, è vero, la Svizzera offre anche vantaggi di localizzazione. Il problema si pone quando gli assicurati, attraverso i premi e i costi elevati dei medicamenti, si trovano a dover «foraggiare» la piazza farmaceutica svizzera. Non va bene.

La valigetta di Andreas Schiesser contiene gli strumenti per elaborare soluzioni condivise volte a ridurre i costi.
Quali sono i medicamenti che spingono i prezzi al rialzo?

I farmaci oncologici e immunologici e quelli per le malattie orfane. In generale, assistiamo a una diversificazione sempre più ampia con indicazioni sempre più rare. Nel caso degli anticoagulanti, per esempio, i costi terapeutici giornalieri per i nuovi farmaci disponibili sul mercato sono di circa 2,60 franchi.  Un importo nettamente più elevato rispetto ai 16 centesimi dei trattamenti classici. In molti casi l’aumento è dovuto al marketing: si cerca la differenziazione in modo che, al momento di fissare i prezzi, si possa argomentare che i nuovi medicamenti non possono essere paragonati a quelli già comprovati.

Guardando ai vari attori in campo: chi, secondo Lei, deve fare cosa per migliorare il sistema?

Prima di tutto, gli attori devono collaborare. Crediamo nel partenariato e nella volontà comune di migliorare le cose. La politica gioca un ruolo importante in questo senso: deve creare un quadro nel quale il sistema può evolvere ed evolve effettivamente. Spetta poi al Consiglio federale indirizzare il sistema nella direzione voluta. Negli ultimi dieci anni, però, non ha intrapreso praticamente nulla di fondamentale nel settore dei prezzi dei medicamenti.

Questo è quello che dice Lei.

No, la mia non è un’opinione. È fattuale che gli obiettivi della strategia Sanità 2020 non sono stati raggiunti. Anziché avviare riforme fondamentali e recepire le regolamentazioni che funzionano bene in altri Paesi europei, ci si limita a perfezionare la normativa in vigore, rendendola sempre più complessa.

E gli assicuratori malattia?

Si trovano alla fine della catena e hanno poca influenza operativa nel settore dei medicamenti. Questo significa che devono sostenere i costi e applicare le disposizioni previste dalla legge e dalle ordinanze. L’esame dell’economicità è l’unico strumento concreto di cui dispongono. Ecco perché i nostri sforzi si concentrano sulla politica. È lì che vogliamo assumere un ruolo costruttivo. Solo in questo modo possiamo ampliare le nostre possibilità di rappresentare meglio gli interessi degli assicurati.

H+, santésuisse e curafutura hanno inoltrato congiuntamente al Consiglio federale la convenzione sulla qualità per ospedali e cliniche. La convenzione è stata elaborata assieme alla Commissione delle tariffe mediche LAINF (CTM) ed è la prima convenzione in assoluto di questo genere. Si tratta di una pietra miliare per lo sviluppo della qualità e la sicurezza dei pazienti negli ospedali e nelle cliniche.

Con il nuovo articolo 58a la legge sull’assicurazione malattie (LAMal) chiede la stipulazione di convenzioni a livello svizzero sullo sviluppo della qualità tra le federazioni dei fornitori di prestazioni e gli assicuratori malattia (convenzioni sulla qualità). In partenariato con la Commissione delle tariffe mediche LAINF (CTM) H+, santésuisse e curafutura hanno stipulato una convenzione ora inoltrata dai tre partner menzionati al Consiglio federale. Non appena approvata, la convenzione potrà entrare in vigore. 

Secondo le parti contraenti, il primo accordo a livello nazionale concernente regole ampie per lo sviluppo della qualità costituisce una pietra miliare per la qualità e la sicurezza dei pazienti negli ospedali e nelle cliniche. Nel contempo già oggi è stato stabilito lo sviluppo ulteriore sistematico della convenzione. Le parti contraenti hanno concordato vasti elementi in base ai quali gli ospedali e le cliniche sviluppano in modo vincolante, unitario e trasparente la qualità e la sicurezza dei pazienti. A tale scopo sono stati definiti settori tematici dello sviluppo della qualità a livello nazionale. In tali settori tematici in futuro ospedali e cliniche dovranno attuare i provvedimenti di miglioramento della qualità riconosciuti e garantire un processo di miglioramento continuo. Mediante controlli a campione un organismo indipendente di controllo verificherà lo sviluppo individuale della qualità degli ospedali e delle cliniche. La scelta si baserà su risultati delle misurazioni nazionali della qualità già oggi esistenti, ad es. dell’ANQ, oppure sarà casuale. I risultati della verifica e un’autocertificazione saranno pubblicati in maniera trasparente per ogni sede dell’ospedale o della clinica.

Integrazione di elementi sperimentati

La Convenzione sulla qualità tiene conto dell’ampio ventaglio di attività già attuate da ospedali e cliniche in materia di qualità e permette inoltre di integrare senza soluzione di continuità iniziative diverse già esistenti e future. Sono stati pure integrati meccanismi già sperimentati a livello internazionale, volti a verificare lo sviluppo della qualità. Strutture già esistenti per quanto riguarda la qualità aiutano nell’attuazione, tra cui in particolare l’associazione nazionale per lo sviluppo della qualità negli ospedali e nelle cliniche (ANQ). La collaborazione con l’ANQ sostiene inoltre una serrata armonizzazione con i Cantoni e le loro prescrizioni sulla qualità.

Nel 2021, i medicinali prodotti mediante biotecnologie – noti anche come farmaci biologici – hanno generato circa un quarto della spesa farmaceutica a carico dell’assicurazione malattia obbligatoria. Questo segmento di mercato mostra una crescita ben superiore alla media, pari a oltre il 10%. I biosimilari, sviluppati in modo da risultare simili ai medicinali biologici di riferimento, rappresentano un’opzione valida per frenare l’aumento dei costi senza compromettere la qualità. Gli incentivi negativi presenti nel sistema sanitario impediscono tuttavia di sfruttare il potenziale di risparmio che questi medicamenti offrono, pari a circa 100 milioni di franchi all’anno. Questo potrebbe generare costi aggiuntivi non necessari dell’ordine di un miliardo di franchi da qui al 2030.

Anche nel 2021 il potenziale di risparmio offerto dai biosimilari è stato lungi dall’essere sfruttato pienamente in Svizzera. L’utilizzo generalizzato dei biosimilari avrebbe già potuto ridurre di circa 100 milioni di franchi la spesa farmaceutica a carico dell’assicurazione malattia obbligatoria. È quanto risulta dalla terza edizione del Barometro svizzero dei biosimilari pubblicato da curafutura, biosimilar.ch e intergenerika.

La buona notizia è che nel 2021 il numero di biosimilari commercializzati in Svizzera è più che raddoppiato passando da 15 a 34 prodotti. Anche se ancora troppo poco considerato, il mercato dei biosimilari in Svizzera è in costante crescita. Questo fa ben sperare. Daniel Sarbach, direttore del gruppo di lavoro biosimilar.ch, è convinto che in futuro il potenziale di risparmio offerto dai biosimilari sarà sfruttato maggiormente.  

Resta il fatto che l’utilizzo dei biosimilari in Svizzera è tutt’altro che ottimale e che nel panorama ospedaliero si osservano grandi differenze. Per esempio, nella regione ospedaliera della Svizzera centrale la quota di mercato dei sei biosimilari più venduti si attesta solo al 16%, la metà di quella registrata nella regione Vaud/Vallese. Nel caso dell’infliximab, uno dei principi attivi che più incidono sulla spesa sanitaria, la quota di biosimilari si ferma al 14% nella regione ospedaliera di Berna, mentre a Ginevra è circa tre volte più elevata (40%).

A preoccupare non è solo il grado di utilizzo generalmente basso dei biosimilari, malgrado sia più convenienti, ma anche la lentezza della loro penetrazione sul mercato, rileva Pius Zängerle, direttore di curafutura. I mancati risparmi sono considerevoli e del tutto insensati in un contesto di spesa sanitaria in costante aumento.

Da qui al 2030 costi aggiuntivi inutili per oltre un miliardo di franchi

Gli incentivi negativi – come per esempio l’attuale sistema dei margini di distribuzione – ostacolano un uso più diffuso dei biosimilari e precludono risparmi sostanziali. Nel sistema attuale, più alto è il prezzo del farmaco, maggiore è il guadagno dei farmacisti e dei medici, che hanno quindi un interesse diretto a dispensare un preparato originale anziché un biosimilare o un generico meno costoso. In questo modo, il risparmio potenziale che i biosimilari racchiudono per il sistema sanitario, pari a circa 100 milioni di franchi all’anno, non viene sfruttato.

Un potenziale destinato a crescere da qui al 2030: la scadenza dei brevetti di alcuni farmaci biologici più venduti è imminente e i biosimilari corrispondenti sono in fase di sviluppo, offrendo un potenziale di risparmio supplementare dell’ordine di centinaia di milioni di franchi. Secondo il direttore di biosimilar.ch Daniel Sarbach, se gli incentivi negativi non verranno rimossi, entro il 2030 il sistema sanitario e gli assicurati dovranno sobbarcarsi inutili costi aggiuntivi per oltre un miliardo di franchi. Secondo Sarbach, questo è ancora più problematico se si considera che l’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) non elimina gli incentivi negativi sui margini di distribuzione, il che preclude importanti risparmi per la sanità. Va peraltro evidenziato che lo stesso Ufficio federale si è posto l’obiettivo di rispondere alle sfide più urgenti del sistema sanitario entro il 2030, per garantire anche in futuro un sistema sanitario finanziariamente sostenibile, frenare l’aumento dei costi e sgravare gli assicurati.

Un altro passo importante è la parità di trattamento dei biosimilari e dei generici ai fini della sostituzione. Nella sessione invernale del Consiglio degli Stati, il ministro della sanità Alain Berset ha menzionato che la sostituzione è possibile, indipendentemente dal fatto che si tratti di preparati originali, generici o biosimilari. Nella sessione primaverile, la questione è stata tematizzata in Consiglio nazionale da Ruth Humbel, portavoce della commissione tematica competente. In quell’occasione, l’amministrazione ha assicurato che una menzione esplicita dei biosimilari nella LAMal non era necessaria.

La strada sarebbe quindi spianata per eliminare rapidamente la disparità di trattamento nell’ordinanza e realizzare i risparmi attesi ormai da tempo.

Farmaci biologici
Contrariamente ai farmaci chimici di sintesi, i farmaci biologici sono prodotti a partire da organismi viventi geneticamente modificati, come batteri o colture cellulari. Hanno una struttura molecolare complessa e sono costituiti, per esempio, da proteine o acidi nucleici.

Biosimilari
I biosimilari sono prodotti che derivano da farmaci biologici e possono essere commercializzati dopo la scadenza del brevetto del biologico originale (medicinale di riferimento). Il principio attivo di un bio-similare e quello del medicinale di riferimento sono di fatto la stessa sostanza biologica. Le differenze non incidono sulla sicurezza o l’efficacia.

Gli obiettivi di costo peggiorano la qualità dell’assistenza sanitaria e creano una medicina a due velocità. curafutura accoglie quindi con favore la decisione storica della Commissione della sicurezza sociale e della sanità del Consiglio nazionale (CSSS-N) che boccia l’introduzione di obiettivi di costo nell’assicurazione malattie obbligatoria (AOMS) e propone in alternativa una serie di misure concrete da integrare nel controprogetto indiretto all’iniziativa per un freno ai costi.

Il nuovo tariffario medico per le prestazioni ambulatoriali TARDOC è pronto a subentrare all’ormai obsoleto TARMED già dal 1° gennaio 2023. Manca ancora solo l’approvazione da parte del Consiglio federale. curafutura accoglie quindi con favore la decisione della CSSS-N che si prefigge di frenare l’aumento dei costi dell’assicurazione malattie obbligatoria con interventi a livello tariffale anziché con obiettivi di costo.

curafutura ritiene infatti che gli obiettivi di costo contribuiscano ad aumentare la pressione sui fornitori di prestazioni senza ridurre i costi complessivi dell’AOMS. Inoltre, la definizione di obiettivi di costo comporta il rischio di creare nuovi incentivi negativi, che possono essere di natura finanziaria e comportare un peggioramento della qualità delle cure o una riduzione delle prestazioni.

Meno soddisfacente è la proposta della commissione di far stabilire dall’autorità di approvazione tariffe differenziate per singole voci della struttura tariffale o per gruppi di fornitori di prestazioni qualora i partner tariffali non si accordino su un adeguamento entro un anno. Secondo curafutura, questo creerebbe aspettative irrealistiche e porterebbe a soluzioni immature che non servono né agli assicurati né ai pazienti né tantomeno ai fornitori di prestazioni. curafutura esaminerà in dettaglio la decisione della CSSS-N e parteciperà attivamente ai futuri dibattiti.

In occasione dell’ultima annuncio dei premi, gli assicuratori malattia hanno ridotto volontariamente le loro riserve. Attualmente, le riserve nell’assicurazione di base coprono quattro mesi di spese, un livello considerato adeguato e che non giustifica una regolamentazione supplementare. curafutura accoglie quindi con favore la decisione della Commissione della sicurezza sociale e della sanità del Consiglio degli Stati, che ha respinto un’iniziativa parlamentare volta a fissare un limite massimo vincolante per le riserve.

Le riserve degli assicuratori malattie garantiscono la stabilità finanziaria del sistema sanitario e permettono di rimborsare le prestazioni di cura in qualsiasi momento. Non è quindi opportuno volerle ridurre a ogni costo. Tuttavia, l’iniziativa parlamentare Nantermod (20.463) aveva proposto di limitarle a un tetto massimo – e non più minimo come finora – del 150 per cento del coefficiente di solvibilità. Una proposta problematica sia per la stabilità del sistema (finanziamento delle prestazioni) sia per gli assicurati (aumenti dei premi).

Normativa già adeguata nel 2021
L’iniziativa parlamentare non tiene conto del fatto che la base giuridica (ordinanza sulla vigilanza sull’assi- curazione malattie, OVAMal) è già stata modificata nel giugno 2021 per permettere agli assicuratori di ri- durre in misura maggiore le riserve. Questa modifica ha abbassato il livello minimo delle riserve al 100 per cento del coefficiente di solvibilità e ha permesso maggiore flessibilità grazie alla possibilità per gli assicu- ratori di calcolare i premi riducendo al massimo i margini di calcolo.

curafutura è del parere che la modifica dell’ordinanza abbia finora dimostrato la propria efficacia e lo farà anche in futuro. A riprova, nell’ambito dell’approvazione dei premi 2022, gli assicuratori hanno ridotto su base volontaria le proprie riserve e hanno restituito 380 milioni di franchi agli assicurati direttamente (rimborso) o indirettamente (riduzione dei premi), permettendo così una lieve diminuzione del premio medio. Pertanto, non sono necessarie ulteriori modifiche a livello normativo.

Pius Zängerle, Direttore curafutura

Il monitoraggio dei costi dell’assicurazione malattia (MOKKE) ci sta fuorviando? È una domanda più che lecita se guardiamo alle recenti reazioni all’aumento dei costi registrato nel 2021, pari al 5,1%. Questo rialzo sembra aver messo in agitazione alcuni commentatori. In veste di osservatori ci si può chiedere se questa reazione è giustificata o se invece è un modo per affermare i propri interessi.

La paura, si sa, non è una buona consigliera. Per poter agire occorre un’analisi onesta e rigorosa che permetta di contestualizzare i dati. L’aumento interviene dopo diversi anni in cui i costi sono rimasti stabili. Calcolando l’incremento medio su dieci anni si ottiene un dato più preciso, ossia +2,5% all’anno. Questo valore non è affatto catastrofico ed è addirittura inferiore all’obiettivo proposto dal gruppo di esperti istituito dal Consiglio federale nel 2017. L’aumento medio dei costi del 2,5% dovrebbe fungere da bussola. Se la seguiremo, potremo smettere di indignarci ogni volta che l’incremento supererà l’obiettivo dello 0,0% e chiederci piuttosto come frenare la crescita dei costi con misure concrete.

Una prima risposta può essere il finanziamento uniforme delle cure ambulatoriali e stazionarie EFAS. L’importanza di questa riforma è incontestata. Eppure, la sua realizzazione non procede con la dovuta velocità ed è minacciata dall’integrazione delle cure di lunga durata, che rischia di rinviare l’implementazione alle calende greche. D’altra parte, alcuni Cantoni sembrano tentati di deviare EFAS dal suo scopo per mettere in discussione il ruolo ormai ben consolidato degli assicuratori nel controllo delle fatture. Chiediamo al Consiglio degli Stati di reagire e di prendere rapidamente una decisione a favore degli assicurati che pagano i premi.

La seconda misura per aumentare l’efficienza del sistema sanitario è mettere in vigore il nuovo tariffario medico TARDOC, la cui versione finale è sul tavolo del Consiglio federale dallo scorso dicembre. Anche qui, come per EFAS, si pone la domanda dei tempi di realizzazione. In questa newsletter, il presidente di curafutura Josef Dittli risponde alle critiche e spiega che il nuovo tariffario garantisce la neutralità dei costi. Una spiegazione chiara e limpida. Dobbiamo forse aspettarci nuove riserve da parte del DFI? Da parte nostra siamo convinti che il Consiglio federale in corpore saprà riconoscere i miglioramenti sostanziali che TARDOC offre rispetto a TARMED. Personalmente sono sicuro che è consapevole dell’urgenza della situazione.

EFAS e TARDOC mostrano che disponiamo degli strumenti giusti per frenare l’aumento medio dei costi del 2,5% all’anno. Si tratta di misure concrete sostenute dalla maggioranza dei partner tariffali.

Alla luce di queste evidenze, non si può che rimanere perplessi di fronte a chi auspica una maggiore statalizzazione, centralizzazione e pianificazione del sistema sanitario. Perché è a questo che porterebbero inevitabilmente strumenti come gli obiettivi di contenimento dei costi o le misure di gestione dei costi. Queste proposte sono forse dettate da una reazione di panico? E chi le fa è abbagliato dalle luci dei riflettori puntati sull’evoluzione dei costi?

Una cosa è certa: l’efficacia di queste misure è discutibile. L’evoluzione dei costi dell’AOMS mostra che lo Stato fa meno bene dei partner tariffali. Negli ultimi dieci anni, nei settori in cui i prezzi sono negoziati dai partner tariffali i costi sono aumentati del 2,4% all’anno. Nei settori in cui i prezzi sono fissati dallo Stato, invece, sono cresciuti del 3% all’ anno.

Il previsto nuovo edificio dell’Ospedale Universitario di Basilea

L’Ospedale universitario di Basilea costruisce una nuova torre e altri ospedali potenziano le proprie infrastrutture. Al tempo stesso si delinea la tendenza a favorire le cure ambulatoriali rispetto a quelle stazionarie. Come si spiega questa contraddizione? Quale impatto hanno gli elenchi degli ospedali? E come valutare il diritto di ricorso approvato dal Parlamento per le associazioni degli assicuratori malattia contro le decisioni dei Cantoni in materia di pianificazione ospedaliera?

A fine febbraio il Parlamento ha adottato un articolo di particolare rilevanza che concede alle associazioni degli assicuratori malattia il diritto di ricorso in fatto di pianificazione ospedaliera cantonale. Se entrambe le Camere federali approvassero in votazione finale il primo pacchetto di misure, e dunque anche questo articolo, lancerebbero un segnale importante e prenderebbero una decisione lungimirante.

Ogni anno, in Svizzera, un milione di persone ricorrono a servizi ospedalieri. E vogliono beneficiare delle migliori cure possibili. La scelta dell’ospedale dipende tra l’altro dalla complessità dell’intervento, dalla copertura assicurativa, dalla distanza da casa e dall’elenco degli ospedali del Cantone di domicilio.

La scelta è ampia, visto che la Svizzera vanta la maggiore densità ospedaliera al mondo. Molti Cantoni dispongono di numerose strutture, il che provoca inevitabilmente una certa concorrenza. Per affermarsi sul mercato servono personale competente, un’organizzazione proattiva, infrastrutture moderne e una strategia di marketing efficace. Molti edifici sono stati costruiti negli anni Settanta e Ottanta, e cominciano quindi a necessitare di interventi di risanamento. D’altro canto le aspettative di buona parte della popolazione svizzera sono molto elevate.

Fabbisogno di investimenti dell’ordine di 20 miliardi di franchi

Non stupisce quindi che negli scorsi anni molti ospedali abbiano iniziato a potenziare le proprie infrastrutture. La fine del tunnel tuttavia ancora non si vede. Secondo un recente studio della Banca cantonale di Zurigo (ZKB), l’attuale fabbisogno di investimenti ammonta a circa 20 miliardi di franchi. Stando agli analisti zurighesi, l’obiettivo prioritario è migliorare la redditività e il cash flow. A loro avviso il prezzo di base Swiss DRG genera pressioni concorrenziali e pressioni sui costi. Si osserva inoltre una propensione a creare barriere di accesso al mercato.

In questa prospettiva il progetto di costruzione dell’Ospedale universitario di Basilea appare meno sorprendente. La torre di 68 metri progettata dal rinomato studio di architettura Herzog & de Meuron garantirà tra l’altro la flessibilità necessaria nel quadro dei lavori di ristrutturazione dell’intero complesso. Il nuovo edificio fa discutere per la sua altezza e per la strategia che sottende. Si tratta di investimenti necessari o di un ampliamento volumetrico? La struttura basilese figura già oggi tra le prime al mondo. Poche settimane fa, nella speciale graduatoria stilata dalla rivista statunitense Newsweek, l’Ospedale universitario di Basilea è balzato dalla 35a alla 14a posizione (l’Ospedale universitario di Losanna figura all’11° posto e quello di Zurigo al 15°). Questo risultato a livello mondiale dà lustro alla reputazione della Svizzera, della piazza di Basilea e del nostro sistema sanitario. E i pazienti hanno la certezza di essere in buone mani.

Tendenza a trasferire le prestazioni dal settore stazionario a quello ambulatoriale

La corsa al potenziamento in ambito ospedaliero solleva però anche alcuni interrogativi. Si tratta di scelte giudiziose se si considera che oggi le cure mediche sono fornite sempre più spesso in regime ambulatoriale? Per gli ospedali il trasferimento delle prestazioni dal settore stazionario a quello ambulatoriale è un’arma a doppio taglio. Se da un lato gode del sostegno politico ed è vantaggioso per i pazienti, dall’altro riduce le entrate finanziarie.

Questo sviluppo è destinato a farsi ancora più marcato con l’introduzione del finanziamento uniforme delle prestazioni ambulatoriali e stazionarie (EFAS).

Secondo l’esperto manca una pianificazione generale degli investimenti

Christian Elsener, esperto immobiliare che segue da anni il settore ospedaliero e autore di uno studio sull’argomento per conto della società di consulenza PwC, sottolinea: «Il rischio più grande resta quello di un’offerta eccedentaria unita a costi di produzione unitari troppo elevati». Alla luce della crescente «ambulatorizzazione, lo specialista precisa inoltre di aver già suonato il campanello d’allarme. Sempre secondo Elsener, la maggior parte degli ospedali si mostra tuttavia molto più prudente rispetto per esempio al 2015 e attribuisce grande importanza alla sostenibilità dei propri investimenti immobiliari.

La pianificazione ospedaliera è di competenza dei Cantoni. La legge federale sull’assicurazione malattie (LAMal) stabilisce che i Cantoni gestiscano l’autorizzazione degli ospedali a fornire prestazioni coperte dall’AOMS tramite appositi elenchi, tenendo conto dei criteri di pianificazione previsti dall’ordinanza sull’assicurazione malattie (OAMal, artt. 58a-58e). È chiaro che ogni Cantone cerca di migliorare la propria attrattiva. La posta in gioco è alta: un attrattivo rappresenta un grande vantaggio per ogni Cantone. Per raggiungere questo obiettivo, i Cantoni non esitano talvolta a sovvenzionare in modo più o meno dissimulato i propri ospedali.

Massiccia partecipazione dei Cantoni al finanziamento

Nel 2019 hanno versato complessivamente 2’583 milioni di franchi alle strutture ospedaliere, ossia 365 milioni in più rispetto a due anni prima.

Il conto lo pagano però le persone assicurate che, nel 2019, hanno contribuito in media con 1051 franchi pro capite ai costi delle cure stazionarie. Nel frattempo i costi ospedalieri non cessano di aumentare e rappresentano ormai, con il 37 per cento, la principale voce di spesa sanitaria. La pressione a trasferire le prestazioni verso il settore ambulatoriale è dunque destinata a crescere ulteriormente.

L’aspetto positivo di questa tendenza è il ruolo sempre più importante riservato alle riflessioni strategiche. Gli ospedali sono spinti a focalizzarsi maggiormente sugli utenti, i processi operativi vengono ottimizzati e i doppioni eliminati. I Cantoni stanno valutando la possibilità di creare regioni ospedaliere. Nel 2020 cinque Cantoni della Svizzera orientale hanno annunciato di voler coordinare le cure ospedaliere. A Zurigo il Dipartimento della sanità attribuisce un solo mandato di prestazioni limitato nel tempo a tre piccoli ospedali. Nella Svizzera centrale, il raggruppamento del sistema  ospedaliero lucernese e quello del Cantone di Nidvaldo è andato a buon fine. A Basilea, però, nel 2019 è stata respinta alle urne la fusione tra l’ospedale universitario e l’ospedale cantonale.

Secondo Pius Zängerle è stato lanciato un segnale positivo

«Al centro di queste diatribe ci sono ovviamente gli assicuratori malattie», dichiara Pius Zängerle, direttore di curafutura, che in precedenza ha ricoperto i ruoli di membro di un consiglio d’amministrazione e presidente di un ospedale. L’obiettivo degli assicuratori è garantire al paziente le migliori cure possibili nel rispetto dei criteri di efficacia, appropriatezza ed economicità. In quest’ottica, è auspicabile che un numero maggiore di Cantoni punti alla creazione di regioni ospedaliere. Inoltre bisogna evitare che tutti gli ospedali offrano l’intero ventaglio di prestazioni, altrimenti c’è il rischio che si cannibalizzino a vicenda. «In quest’ottica il Parlamento ha lanciato un segnale positivo manifestando la volontà di attribuire agli assicuratori maggiori competenze. Si tratta ora di superare lo scoglio della votazione finale. L’obiettivo è sostanzialmente quello di garantire che i premi versati dagli assicurati siano impiegati nel modo giusto.»

Josef Dittli, consigliere agli Stati e presidente di curafutura

I suoi sostenitori affermano che il TARDOC, il nuovo tariffario medico, è pronto per sostituire il TARMED, ormai obsoleto, a partire dal 2023. Altri attori non ne sono così convinti. Anzi, ritengono che il TARDOC non sia ancora maturo, in particolare che non rispetti la neutralità dei costi. Come si spiegano posizioni così diverse?

Innanzitutto dobbiamo spiegare bene di cosa stiamo parlando. La neutralità dei costi è uno dei criteri centrali che il nuovo tariffario deve soddisfare (art. 59c cpv. 1 lett. c OAMal). Neutralità dei costi significa che il passaggio dal vecchio al nuovo tariffario non deve generare costi supplementari imputabili esclusivamente al cambiamento della struttura tariffale. In concreto, le prestazioni fatturate in base al TARDOC non devono superare l’importo di quelle fatturate in base al TARMED, che oggi si quantificano in circa 12 miliardi di franchi l’anno.

Come si fa a garantirlo? Visto che stiamo parlando di un tariffario che copre un terzo dei premi, le simulazioni sono sufficienti?

Abbiamo piena fiducia in queste simulazioni. Sono state approvate sia dalla FMH che da curafutura, ossia da attori con interessi contrapposti per quanto riguarda l’evoluzione dei costi.
Detto questo, con il principio della neutralità dei costi è stata disposta una sicurezza supplementare. Non appena il TARDOC entrerà in vigore, si procederà a un monitoraggio dei costi. Se dovessero superare una determinata soglia, il tariffario verrà adeguato con misure già approvate.
Per usare una metafora, potremmo parlare di un corridoio: si tratta sia di evitare un aumento eccessivo dei costi a carico degli assicurati sia di prevenire un forte calo dei costi che penalizzerebbe i fornitori di prestazioni. 

Quanto dureranno il monitoraggio e la correzione automatica del tariffario?

La fase della neutralità dei costi durerà tre anni durante i quali l’evoluzione dei cosi dovrà oscillare tra -1% e +3% l’anno.
Si tratta di un prolungamento di tre anni rispetto ai due anni previsti in origine. Questa è una delle molte soluzioni che i partner tariffali (FMH, curafutura e SWICA) hanno adottato per soddisfare le raccomandazioni dell’UFSP.
Sorprende quindi che ci siano ancora persone che dubitano del principio della neutralità dei costi, sebbene sia stato adeguato alle richieste delle autorità competenti per l’approvazione.

Non pensa che alcuni avrebbero preferito una banda più stretta, ad esempio tra -1% e +2%?

Sì, può darsi che alcuni attori lo auspichino. Del resto, seguendo questa logica, si potrebbe perfino ipotizzare un corridoio ancora più stretto tra -1% e +1%. Ma non è possibile, semplicemente perché non corrisponderebbe più al criterio previsto dalla legge. Secondo l’OAMal, infatti, basta che una modifica del tariffario non comporti direttamente costi supplementari. La LAMal attualmente in vigore non prevede di intervenire nell’evoluzione dei costi del rispettivo ambito tariffario. Tale evoluzione dipende da fattori esogeni come la crescita demografica, l’invecchiamento della popolazione o lo sviluppo tecnologico, fattori che esplicano i loro effetti sia prima che dopo il passaggio dal vecchio al nuovo tariffario. Non sarebbe quindi legittimo congelare a tempo indeterminato l’evoluzione dei costi con il pretesto dell’introduzione del TARDOC.
Per questo motivo i parametri sono stati fissati tra -1% e +3%. Li abbiamo concordati su base partenariale tenuto conto dell’evoluzione del settore delle cure ambulatoriali osservata in passato. Del resto, nonostante l’intervento sulle tariffe, tra il 2015 e il 2019 TARMED ha comunque segnato una crescita annua del 3%. 

Lei sostiene che non sia legittimo congelare l’evoluzione dei costi. Ma non sarebbe un obiettivo lodevole frenare l’aumento dei costi?

Certo, ma a tal fine non si devono prendere scorciatoie o far capo a strumenti inadeguati.
Non si può far leva sulla neutralità dei costi nel contesto di un cambiamento del tariffario per introdurre un budget globale a lungo termine passando dalla porta di servizio. Bisognerebbe dapprima adeguare legge e ordinanze. I temi della gestione dei costi e degli obiettivi di costo attualmente in discussione in Parlamento vertono proprio su questi aspetti. Le discussioni in corso non possono tuttavia procrastinare ulteriormente l’introduzione del TARDOC altrimenti TARMED, ormai obsoleto, continuerà a restare in vigore a danno di tutto il sistema sanitario.